Ci riprova
La candidatura di Hillary Rodham Clinton vista dall'Italia. E se vincesse lei ... sarebbe in ogni caso una rivincita non solo di tutte le donne, ma anche della terza età. Gli ultra sessantenni non sono proprio da rottamare
Sette anni dopo, volgendo al termine istituzionale la presidenza Obama, con anticipo rispetto all’ inizio delle votazioni primarie che eleggeranno i candidati alla presidenza USA per 2016, Hillary Rodham Clinton si mette di nuovo in gara. Vuole, fortissimamente vuole, essere lei la prima donna ad arrivare alla Casa Bianca. Già nel 2008 partecipò alle primarie per la scelta del candidato del Partito Democratico, fu sconfitta da Barack Obama dopo una serrata competizione, non priva di forti punte polemiche. Ricordo che ci fu qualche lacrimuccia per le impreviste sconfitte in un paio di stati ma, dopo il ritiro, durante la Convention del partito tenuta ad agosto, fu proprio lei che, con acuta lungimiranza politica, riconobbe e propose la leadership di B. Obama per acclamazione anziché per votazione a scrutinio segreto.
Sappiamo come è andata. Il Presidente eletto ebbe la maggioranza nei due rami del parlamento solo nei primi due anni di mandato, nelle elezioni di mezzo termine del 2010 perse la maggioranza al Congresso. Poi fu rieletto, ma ebbe solo la maggioranza al senato, poi ha perso anche quella. Insomma, gli americani si sono fidati di lui solo in parte, si sono sentiti rappresentati da quest’uomo portatore di una sentita etica sociale, oratore brillante dotato di una straordinaria sintassi mentale e verbale, ma gli hanno tolto le maggioranze parlamentari necessarie a governare. Come volessero limitare la sua opera, hanno dato vita ad un periodo di laboriosi compromessi. In questa atmosfera Hillary Rodham Clinton si lancia nella competizione politica.
Uno sguardo ai primi slogan ed alla comunicazione. Non sono particolarmente nuovi o brillanti, siamo all’appello per la mobilitazione dei militanti del partito e delle tifoserie femministe. Da sottolineare che lei si presenta non con il proprio nome, ma con quello dell’illustre consorte, semplicemente lei è Hillary Clinton. Si presenta con un nome già usato che per molti è una garanzia, ricordiamo che la presidenza Clinton fu un periodo di crescita economica. Durante il primo quadriennio lei, in qualità di First Lady, si adoperò per garantire l’assicurazione malattie al maggior numero di americani possibile. Dovette desistere dai suoi propositi. Poi è arrivato Barack Obama con l’Affordable Healthcare Act che finora ha esteso a quindici milioni di americani l’assicurazione malattia. Legge combattutissima dai repubblicani, per loro il libero mercato è dogma e considerano quella legge un dannosissimo elemento di socialismo statalista nell’economia americana. Niente stato nel libero mercato, neppure per quanto riguarda la salute.
Visto che una signora, moglie di ex-presidente, non più giovanissima, nonna da parecchio tempo, navigatissima in politica, vuole correre per la presidenza, ecco subito un altro nome notissimo in gara dall’altra parte, è Jeb Bush, figlio e fratello di presidenti.
L’ America produce dinastie. Quella dei Bush è la dinastia dei petro-dollari del Texas, e trova la sua espressione politica nel Partito Repubblicano. La dinastia Clinton, peraltro ancora in fieri, invece, è più recente. Nacque negli anni ’60 sull’onda del movimento femminista e pacifista che dalla California si estese a tutti gli stati, e divenne una parte del Partito Democratico. Se vincesse lei, sarebbe una rivincita non solo di tutte le donne, ma anche della terza età. Gli ultra sessantenni non sono proprio da rottamare, vero Matteo?
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