Chi è Bill il Giusto

Gianluca Galletto (November 06, 2013)
Incontro ravvicinato con Bill de Blasio, nuovo sindaco di New York City

Da gennaio New York city avrà il primo sindaco italo americano democratico eletto nella storia. Ho pensato di scrivere qualche riga per dire chi è, perché ritengo esista una narrazione su di lui un po’ distorta.

Lo conosco personalmente da molti anni, e precisamente da quando era il campaign manage di Hillary for Senate nel 2000, una delle mie primissime esperienze di fundraising. Sono entrato nel suo comitato finanziario circa tre anni fa per scelta ragionata. Ho una stima enorme per lui e sono stato felicissimo di impegnarmi per lui sin dall’inizio, quando era il meno favorito dei Democratici.

Bill de Blasio è dal 2009 il Public Advocate di New York City. Si tratta del difensore civico della città, una delle tre cariche esecutive elettive, oltre al sindaco e al Comptroller. Figura introdotta a inizio anni ‘90, se il sindaco viene meno, è il PA che ne prende il posto fino a elezione anticipata (special election).

Bill ha origini italiane, cosa cui tiene molto, tanto da chiamare i suoi figli Dante e Chiara, per via materna. Maria de Blasio era figlia d’immigrati italiani della zona di Benevento ed è stata per lui una figura di grande ispirazione. Attivista politica come lui sin da giovane, aveva lavorato per l’Office of War Information durante la seconda guerra e ha anche scritto un libro sulla resistenza italiana. A differenza dell media degli italo americani, Bill si tiene al corrente delle nostre vicende (una volta mi scrisse una mail dicendo “ma fra Bossi e Maroni come va a finire?”).

Ma Bill è innanzitutto una persona eccezionale. Una persona autentica ed è questa la cosa che più mi ha colpito di lui. Ho incontrato decine di politici, americani e italiani, e nessuno mi ha mai fatto questo effetto come lui. Mantiene la parola, risponde alle mail personalmente anche in campagna elettorale ed e di un’affabilità senza pari. Tutti quelli che ho gli ho fatto incontrare di persona ne sono rimasti colpiti sul piano umano. In un momento in cui c’è una crisi profonda di credibilità dei politici penso si tratti di una caratteristica fondamentale. Il suo “moral compass” è la base solidissima su cui si fondano la sua visione e la sua esperienza politica. E il suo successo. 

Bill è considerato un radicale, troppo di sinistra per alcuni. A New York buona parte dell’establishment finanziario e industriale è ancora spaventata da una sua possibile vittoria perché secondo la vulgata dei suoi detrattori “ci riporterà ai tempi di Dinkins”. Dinkins è stato il primo e unico sindaco nero di New York, prima di Giuliani. In quegli anni NYC raggiunse uno dei punti peggiori della sua storia con tensioni razziali e un livello di criminalità altissimo. Oggi New York City è la grande città più sicura d’America, più sicura di molte città italiane, dove di notte trovi donne sole in metropolitana senza problemi. Molto del merito va a Bloomberg, ma i toni di alcuni commentatori a lui avversi sono arrivati al punto di evocare uno scenario da film Warriors, non so se ve lo ricordate. Bill ha lavorato nell’amministrazione Dinkins, dove, fra l’altro conobbe sua moglie, una donna di straordinaria intelligenza e spessore umano, poetessa e attivista dei diritti civili e LGBT (ex lesbica anche lei), che lui adora a tal punto da averla definita come “la parte destra del suo cervello”.

Ora, a parte che Dinkins non è de Blasio, ma questa retorica non ha senso. Bill è certamente un progressive che corrisponde più o meno a uno “molto di sinistra” - di sinistra in America si traduce approssimativamente con “liberal”, da noi usato impropriamente). Vuol dire che crede nel mercato e nell’affermazione individuale, ma anche nel ruolo dello stato nella regolazione dell’economia, nella promozione della giustizia sociale, nel ruolo dei sindacati e in politiche sociali attive. Vuol dire promuovere i diritti civili, fra cui quelli di omosessuali e transgender. Ho cercato di spiegare a molti conoscenti, quando chiedevo soldi per la sua campagna, che non stiamo parlando di un sindaco che pensa di tornare agli anni ‘70. Né di essere lassisti sulla sicurezza.

Bill è una persona pragmatica e sa bene che creare deficit e debito non sono politiche sane. Egli però, a ragione, crede fermamente sia arrivato il momento di affrontare il nodo fondamentale delle società occidentali e che il laisser faire tout court ci sta affondando. Si tratta della disuguaglianza. Siamo arrivati ai livelli degli anni 20-30 e New York è esempio mondiale di questo problema. È la città dove si concentra il più alto numero di milionari e il 40% della popolazione vive vicino o sotto la soglia di povertà. Qui convivono il collegio della Camera più ricco del paese (parte dell’Upper East Side) con quello più povero (parte del South Bronx). La disuguaglianza a questi livelli non solo è ingiusta, ma ha anche effetti molto negativi sull’economia perché è sintomo di una compressione enorme dei livelli di reddito, e quindi di consumi, della classe media.

Essere progressive vuol dire dare priorità alla scuola pubblica rispetto alla privata, un’attenzione all’affermazione delle classi meno fortunate e un ritorno ai core value della costituzione come la limitazione di certe forme di invasive di policing. Altro punto fondamentale del suo programma è infatti la riforma della pratica dello “stop ad frisk”, divenuta odiosa in certe zone della città perché colpisce per il 90% neri e latini. Si tratta di una politica introdotta a fine anni ’90 che consente alla polizia di fermare cittadini sospetti e perquisirli senza mandato se sono soddisfatti alcuni criteri di garanzia. Ha prodotto grandi effetti positivi, ma con Bloomberg e Kelly (il capo della polizia) si è passati da 100mila perquisizioni nel 2002 a oltre 800mila nel 2012, il 90% delle quali senza produrre arresti. La pratica è stata dichiarata incostituzionale da un tribunale ma è in corso una battaglia legale avviata dal comune. De Blasio, unico ad aver preso una posizione netta fra i candidati Democratici, vuole riformarla. Anche perché in molte zone ha minato il rapporto fra polizia e comunità di quartiere, cosa che, a sua volta, determina una minore efficacia di repressione e prevenzione. Chi critica è di solito chi (come me), non ha mai avuto esperienza, diretta o indiretta, o neanche osservato uno stop and frisk, che tende a concentrarsi nelle zone più calde della città.

A chi ha paura che de Blasio possa aumentare le tasse facendo scappare i ricchi contribuenti, rispondo che si tratta di un aumento di meno di mezzo punto e per chi guadagna più di mezzo milione all’anno. Parliamo di un impatto di soli 2mila dollari l’anno per chi guadagna un milione, che servirebbe a finanziare l’asilo (pre-K) e il doposcuola pubblico per tutti. Un programma di grande impatto sociale ed economico in un mondo dove molte famiglie poco abbienti o in difficoltà e madri single non poter mandare il figlio all’asilo significa avere disagi nel proprio lavoro (assenteismo, menoproduttività) e farlo crescere in situazioni difficili, con problemi di adattamento e futuri comportamenti microcriminali.

Altro punto fondamentale del suo programma riguarda il potenziamento della scuola statale. In questo quadro va letta l’idea di limitare i fondi pubblici alle charter school, una forma di scuola pubblica, finanziata dal comune ma con libertà nei programmi rispetto ai quelli statali, che ha avuto molto successo. Bloomberg ha avocato al sindaco il controllo diretto del sistema scolastico, cosa che de Blasio ritiene giusta, e ha favorito una crescita notevole di queste scuole, con ottimi risultati, perché i profitti degli studenti sono ottimi. Ma de Blasio non vuole eliminarle, mentre pone un problema di priorità ne devolvere la spesa. Non eliminarle ma fermarne la crescita, perché “devo occuparmi del 90% delle scuole di NYC che sono statali e la cui qualità media è bassa se non scadente”.

Lo stesso vale per l’edilizia popolare. La cosa più cara che c’è a NYC è lo spazio. Con Bloomberg si sono trasformati interi quartieri, una volta invivibili e ora trendy e vibranti, cosa di cui siamo gratissimi e non io tornerei certo indietro. Ma una città non può essere fatta solo da chi può permettersi 3.000 dollari al mese per un monolocale. Chi pulisce le strade, ci accoglie negli ospedali, pulisce gli uffici, fa il pompiere, è essenziale anche per chi guadagna dai 500mila dollari in su.

La forza di de Blasio sta nell’aver mantenuto il punto su questioni che sembravano “obsolete”, da sinistra in decadenza. E non si è scusato per essere stato da giovane in Nicaragua durante la rivoluzione sandinista con un’organizzazione cattolica umanitaria. Ha tirato dritto senza ondivagare anche quando i sondaggi lo davano indietro e ha mantenuto una disciplina di ferro nel messaggio fino alle elezioni, lodata da tutti a destra e a sinistra. Con disciplina e coerenza è riuscito ad essere il più convincente. Alle primarie ha vinto in tutte le costituency: fra i neri, i latini, le donne, i gay, i bianchi ricchi di sinistra, convincendo sia come persona comune non legata a logiche di potere ma dedicato alla sua famiglia multiculturale, per altro unitissima, che riflette la New York di oggi (dove i bianchi sono ormai meno del 50%). Ha pesato anche il suo non essere di Manhattan al contrario del sindaco miliardario che ha reso il suo borough un gioiello ma avrebbe potuto fare di più negli altri, dove fra l’altro risiede la grande maggioranza degli elettori.

E ha anche azzeccato, unico fra i democratici, la critica netta a Bloomberg. I newyorchesi continuano in maggioranza ad approvare l’operato di Bloomberg ma sono allo stesso tempo stanchi di lui e soprattutto i Democratici, non hanno mai digerito la forzatura del terzo mandato fatta dal consiglio comunale con la sua alleata e presidente del consiglio Christine Quinn.

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