Articles by: Tiziana Maggio

  • Fatti e Storie

    Giorgio Napolitano, uomo ‘wired’ dell’anno.

    Wired Italia’, l’edizione nazionale della celebre rivista statunitense di tecnologia ed attualità, ha riservato la copertina del 2 dicembre a Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana, definendolo ‘Uomo dell’anno’. Le motivazioni di ‘Wired Italia’ sono legate alla grande attenzione del Presidente per le giovani generazioni e la continua capacità di essere un pronto intermediario fra la complessa situazione italiana e le sollecitazioni del mondo politico circostante. Inoltre ha sempre dimostrato di incarnare il migliore esempio di come il passato e il futuro italiano possano concretamente essere rappresentati sulla scena pubblica.

    Eletto undicesimo Presidente della Repubblica Italiana nel 2006, sin da giovane muove i suoi primi passi nella politica, aderendo al Partito Comunista Italiano, mai irremovibilmente ortodosso. È stata la figura leader della corrente moderata, aperto al dialogo con le altre forze politiche dell’arco costituzionale. Negli anni successivi poi, il suo attivismo politico è diventato sempre più rilevante, passando attraverso cariche di gradissimo rilievo, quali quella di Presidente della Camera (1992-1994), di Ministro degli interni (1996-1998) e di Senatore a vita (2005).
     

    Riceve svariate lauree e dottorati honoris causa dalle più prestigiose università italiane e del mondo, da quella di Napoli a quella di Oxford. La sua integrità politica ed intellettuale è stata riconosciuta a livello internazionale nel 2010, quando ha ricevuto il celebre premio ‘Dan David Prize’ dall’università di Tel Aviv. Gli è stato riconosciuto il suo costante impegno nel sostenere la ‘marcia verso la democrazia parlamentare’ e per aver continuamente sostenuto la correttezza politica italiana ed europea con coraggio ed integrità.

    È quindi evidente che il suo ruolo non ha avuto solo rilevanza italiana. La sua equilibrata visione politica si è spesso rivolta sapientemente anche all’Europa, coinvolgendo gli altri paesi nei suoi appelli al progresso e all’equità. Nel 2010 parlando dell’Unione Europea affermava che per l’Europa «serve una nuova generazione di leader che abbia visione e coraggio per portare avanti l'integrazione di cui abbiamo assoluto bisogno. 
    Questa generazione di leader non può nascere per miracolo ma solo grazie ad una vasta mobilitazione della società civile e politica.»

    In tutti questi anni di presidenza italiana, i suoi appelli all’equilibrio dei toni e al rispetto dell’etica politica non sono mai caduti inascoltati e sono risuonati come imprescindibili moniti. E non dobbiamo dimenticare che in Italia la carica di Presidente della Repubblica è più che altro rappresentativa e quasi simbolica. Ma le sue parole hanno spesso aiutato a risollevare la scena politica italiana dalla caduta libera verso il mero scambio di insulti e divisioni interne.

    Proprio a metà novembre di quest’anno, l’Italia ha vissuto il momento di incertezza finanziaria e politica più acuto degli ultimi sessanta anni. Fra speculazioni dei titoli di stato e la mancata maggioranza al Governo Berlusconi, Giorgio Napolitano ha cercato di porvi rimedio con le sue grandi doti comunicative e politiche, accompagnando l’Italia fuori da questa crisi e portandola verso il governo tecnico di Mario Monti. Lui è stato la figura chiave che ha assicurato l’intermediazione e la fiducia dei leader europei Merkel e Sarkozy.
     

    Napolitano, all’età di 86 anni, ha mostrato così doti degne di un saggio comunicatore e di un coraggioso giovane politico.
     

    Dopo novembre, l’apprezzamento unanime per Napolitano è indubbio, e non è solo ‘Wired Italia’ ad averlo rilevato. Il ‘New York Times’, sulla sua copertina del 3 dicembre, l’ha definito ‘Re Giorgio’. È lui che «incarna un'Italia diversa, un'Italia di virtù civiche», quindi lontana anche dagli scandali finanziari e privati e delle battute di Silvio Berlusconi. È suo, e non di pseudo opposizioni politiche, il merito di aver concretamente aiutato il Paese ad uscire da una pericolosa impasse nella quale stava precipitando.

    In questo momento gli italiani in Italia ed in tutto il mondo si sentono un po’ più ‘italiani’: popolo orgoglioso del proprio passato prestigioso in tutti i campi, sta recuperando la fiducia e il senso dei valori morali, etici e sociali.

    Per tutte queste doti di stabilità ed intermediazione, la stima mondiale è per Giorgio Napolitano. 

  • Fatti e Storie

    Mete estive italiane: fra bollini neri, classifiche web e bandiere blu

    Dopo il grande esodo iniziato il primo weekend di agosto adesso la popolazione dei vacanzieri italiani ed internazionali avrà già raggiunto le tanto attese mete estive e si starà godendo le agognate ferie.

    Per quanti hanno deciso di optare per la nostra penisola, le mete turistiche, balneari e non, sono ovviamente innumerevoli. Quindi nell’assoluto imbarazzo della scelta che l’Italia offre, forse risulta interessante prendere in considerazione alcuni utili dati e veloci statistiche che evidenziano precisamente quali mete italiane siano state predilette per quest’estate 2011.
     
    In base ai ‘Bollini neri’, ossia quelle strade segnalate dalla ‘Società Autostrade per l’Italia’ come le più intensamente trafficate, nel primo week-end di agosto più di 10 milioni di vacanzieri si sono messi in viaggio transitando sulle direttrici stradali di Napoli, di Ancona, della zona ligure ed ovviamente della Calabria. Quindi le zone turistiche circostanti queste importanti autostrade sono state scelte da quanti hanno deciso di utilizzare l’auto per raggiungere la proprio destinazione di vacanza.

    Risulta interessante quindi la ‘Travellers’ Choice 2011’ di TripAdvisor.com, uno dei siti web più famosi nella generazione del web 2.0 per l’attiva interazione dagli utenti nella redazione dei giudizi. La Travellers’ Choice 2011 è composta da una serie di classifiche relative alle preferenze dei viaggiatori e nella al settimo posto della ‘Top 25 delle migliori destinazioni in tutto il mondo’, dopo mete come Città del Capo in Africa e Sidney in Australia, troviamo proprio Roma seguita da Venezia e Firenze. Poi nella classifica delle ‘Top 25 mete italiane preferite’ ai primi posti si riconfermano Roma, Venezia e Firenze, ma dopo queste tre celebri mete, si posizionano nella classifica anche le paradisiache località balneari di Capri, Amalfi e Positano che vantano tutte incredibili e suggestivi scenari da cartolina ormai celebri in tutto il mondo. Venendo quindi alla ‘Top 10 delle migliori spiagge italiane’ai primi posti troviamo San Vito lo Capo, piccolo paesino siciliano che può vanta 3 kilometri di spiaggia dorata ed incontaminata. Poi nella classifica vi è Villasimius in Sardegna, angolo di paradiso dalla spiaggia bianca e dalla caratteristica macchia mediterranea, seguita a ruota dalla celebre isola siciliana di Lampedusa e da Vieste in Puglia.
     
    A queste classifiche potremmo poi unire i dati interessanti emersi dalle rilevazioni compiute dal famoso sito web italiano Trivago.it, esperto nella comparazione dei prezzi degli hotel di tutta Italia.
    Premettendo che quest’anno le tariffe degli hotel hanno segnato un rialzo del 34% rispetto all’anno scorso, Trivago.it ha rilevato che fra le varie mete turistiche-balnerari la Sicilia appare quella più conveniente: per una notte in una doppia risultano estremamente sostenibili mete come Trapani (87 €) con la sua secolare storia, Palermo (97 €) con la sua unica cultura araba e le celebri cupole rosse della Chiesa di San Giovanni degli Eremiti e di San Cataldo, ed Agrigento (89€) che con il suo Tempio della Concordia offre un’importante ed intatta testimonianza della cultura greca classica. L’Emilia Romagna e la Puglia si confermano invece le mete più gettonate e preferite dai vacanzieri ed ovviamente anche le tariffe degli hotel testimoniano questo trend positivo con tariffe superiori a quelle siciliane, come dimostrano ad esempio Viareggio (147€) e Gallipoli (125€).
     
    Comunque per un viaggiatore che intenda godersi le spiagge e il mare italiani, una fonte di valutazione estremamente affidabile è sicuramente quella della ‘Bandiera Blu’, riconoscimento internazionale annuale attribuito da due agenzie dell’ONU alle migliori località turistiche balneari italiane, giudicate in base alla qualità delle acque, dei servizi offerti e della gestione ambientale. Quest’anno le località della penisola premiate con questo importante riconoscimento sono in totale 233, due in più rispetto all’anno scorso. Fra tutte spicca la Liguria, che per il terzo anno consecutivo si conferma come la regione con il maggior numero di Bandiere Blu, ossia diciassette e fra le quali possiamo menzionare Varazze, Lerici, Camporosso. La Liguria è poi seguita dalle Marche e dalla Toscana con sedici Bandiere ed dall’Abruzzo con quattordici.
     
    Insomma risulta evidente che a seconda di come si voglia vivere la propria vacanza, l’Italia è comunque e sempre la meta che offre il maggior e diversificato numero di possibilità di alto livello… bisogna solo scegliere e partire!

  • Arte e Cultura

    Alla ‘Storia della mia gente’ di Nesi il Premio Strega

    Il ‘Premio Strega’, uno dei più importanti premi letterari in Italia, nasceva nel 1947 dall’iniziativa di un salotto letterario guidato dai due scrittori Maria e Goffredo Bellonci e veniva promosso dall’azienda Strega, produttrice del noto liquore a base di erbe.

    Quindi ogni anno il Premio viene attribuito a quell’autore che fra una rosa di finalisti riceve il maggior numero di preferenze dalla giuria votante e viene così riconosciuto come miglior libro dell’anno. Questa giuria, soprannominata ‘Amici della Domenica’, è composta da 400 persone appartenenti al mondo della cultura italiana, fra scrittori, giornalisti, critici e studiosi.

    Fra i passati vincitori di questo importante evento letterario a titolo esemplificativo potremmo citare autori come Ennio Flaiano con ‘Tempo di uccidere’ (1947), Primo Levi con ‘La chiave a stella’ (1980), Umberto Eco ‘Il nome della rosa’ (1982), Margaret Mazzantini ‘Non ti muovere’ (2003).

    Edoardo Nesi, classe 1964, è uno scrittore e regista originario di Prato. Prima di ‘Storia della mia gente’, Nesi ha firmato altri sei libri: Fughe da fermo (1995), Ride con gli angeli (1996), Rebecca (1999), Figli delle stelle (2001), L’età dell’oro (2004), Per sempre (2007).

    Per comprendere la realtà nella quale dobbiamo inserire il suo libro possiamo citare quanto Nesi, subito dopo la sua premiazione, ha dichiarato:«Questo è un libro di resistenza: il premio va anche a tutti coloro che hanno perso il lavoro, a chi ha dovuto chiudere la propria azienda, e alla mia città, che è meravigliosa». Il romanzo infatti si può considerare una significativa denuncia sociale, un velo squarciato su quanto sta accadendo alla piccola industria tessile pratese da un ventennio a questa parte. Nesi così ci accompagna e ci fa toccare con mano la quotidiana battaglia impari e solitaria che molti piccoli imprenditori stanno conducendo pur di salvare una tradizione e una storia industriale, «il lavoro creativo e romantico». Questa battaglia ha un nemico preciso ed è quella concorrenza sleale, perché priva di regole e di controllo, e quindi più forte, che in Italia è passata indebitamente sotto l’etichetta di ‘globalizzazione’.

    La trama quindi ci fa conoscere le vicende di una famiglia di industriali tessili di Prato e questa narrazione diventa una preziosa occasione per descrivere le sfide e la trasformazioni che una storica tradizione industriale deve affrontare quotidianamente.

    «Erano artigiani, straordinari e fragilissimi artigiani. Lontani pronipoti dei maestri di bottega medievali, e ciononostante rappresentavano l’ossatura di un sistema economico che incredibilmente si reggeva su di loro, e anche se era ben lungi dall’essere perfetto, funzionava, eccome se funzionava e si basava su quello che all’epoca erano le regole del libero mercato». L’autore, con una prosa diretta ed accalorata, ci fa appassionare in particolare al percorso personale e professionale del protagonista, giovane benestante erede dell’azienda tessile familiare.

    Il ragazzo però, dopo essersi permesso il lusso di compiere scelte universitarie sbagliate, ma anche di viaggiare e vivere con intensità una fiamma amorosa, dovrà affrontare la realtà. Dovrà abbandonare tutti i fronzoli della sua precedente giovane vita e fare i conti con una situazione economica industriale difficile. Ovviamente il suo farsi protagonista delle vicende economiche familiari non è solo una scelta lavorativa obbligata ma anche volontà dettata dal cuore, che è poi il cuore anche dello stesso autore Nesi. Il dovere si fonde al volere ed alla passione per una tradizione industriale e creativa che noi semplici lettori possiamo toccare con mano, leggendo alcune frasi del libro:«Il rumore di una tessitura ti fa socchiudere gli occhi e sorridere,come quando si corre mentre nevica. Il rumore della tessitura non si ferma mai,ed è il canto più antico della nostra città,e ai bambini pratesi fa da ninna nanna.»

    L’ambientazione scelta da Nesi è quindi proprio quella della sua città di origine, Prato. Piccolo comune toscano di 190.000 abitanti, è famoso in tutta Italia per la sua attivissima e storica produzione tessile. Già nell’Ottocento infatti Prato venne definita dallo storico Emanuele Repetti ‘la Manchester della Toscana’ e ai giorni nostri Nesi la descrive così:«si fonda sul tessile, costellata di decine e decine di aziende come la nostra» dove «non bisognava essere un genio per emergere, perché il sistema funzionava così bene che facevano soldi anche i testoni, … anche i tonti, purché dedicassero tutta la loro vita al lavoro" e dove si producevano “i tessuti più belli del mondo».
     

    A Prato inoltre si trova una delle comunità cinesi più numerose d’Europa, dopo quella di Londra e Parigi, e l’autore nel suo libro ci parla della capacità imprenditoriale di questa comunità nel settore tessile e del difficile rapporto con i tradizionali lanifici italiani. La storia infatti delinea uno scenario caratterizzato da aziende italiane che stentano a far quadrare i bilanci e dai determinati imprenditori cinesi che sono riusciti ad inserirsi nel settore, sbaragliando la concorrenza italiana.

    La storia del protagonista è però in realtà la storia di tanti piccoli imprenditori locali ed anche dello stesso autore. Infatti questo quadro acquista un forte connotazione realistica se consideriamo che lo stesso Nesi, prima di diventare un acclamato scrittore, è stato un imprenditore, proprio a Prato.

    Impegnato per molti anni nell’attività tessile della famiglia, ha anche lui lottato contro la concorrenza cinese e alla fine ha dovuto vendere la sua azienda di famiglia. Così la vicenda raccontata ed anche vissuta da Nesi è una storia che ci permette di toccare da vicino uno dei tanti esiti della crisi economica ed industriale italiana e di conoscere un settore, quello tessile, fatto di tradizioni, difficoltà ma anche della volontà di resistere dei piccoli imprenditori.

    Il libro allora si può considerare come un’interessantissima e rabbiosa analisi economica, politica e sociale, una testimonianza di una globalizzazione che in alcuni settori specifici si sta rilevando controproducente e negativa, perché non regolamentata e controllata. Così la bravura letteraria di Nesi consiste nel farci comprendere che la storia del protagonista è in realtà la storia di quegli italiani che hanno dovuto abbandonare l’idea fittizia e rassicurante di un benessere scontato e fare i conti con una parabola economica della globalizzazione che sta mettendo a rischio la stessa esistenza delle loro attività lavorative ed industriali. Ma attenzione: non è una condanna al libero mercato, ma è una critica all’assenza di regole o semmai una denuncia nei confronti del quotidiano oltraggio alle regole perpetrato da alcuni sfrontati o improvvisati imprenditori.

    Infine bisogna aggiungere un interessante elemento, tecnico e commerciale, collegato al ‘Premio Strega’ e che potremmo introdurre con quanto pronunciato da Nesi all’atto della sua premiazione: «C’è un certo piacere a rompere il monopolio della Mondadori. Era arrivato il momento». Infatti il libro di Nesi è pubblicato da Bompiani, casa editrice appartenente al gruppo economico italiano RCS Libri. Invece negli scorsi quattro anni il Premio Strega è stato riconosciuto a libri che erano stati tutti pubblicati dalla Mondadori: ‘Come Dio comanda’ di Niccolò Ammaniti (2007); ‘La solitudine dei numeri primi’ di Paolo Giordano (2008); ‘Stabat Mater’ di Tiziano Scarpa (2009) e ‘Canale Mussolini’ di Antonio Pennacchi (2010). Ricordiamo che la Mondadori è un importantissimo e florido gruppo editoriale italiano di proprietà di Marina Berlusconi, figlia del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Lungi dal voler vedere o attribuire connotazioni politiche, possiamo comunque dire che tale dato acquista una certa rilevanza se consideriamo che un premio importante come quello ‘Strega’ contribuisce innegabilmente ad incentivare ed incrementare le vendite del libro e quindi le entrate economiche della casa editrice vincitrice.

    Così ogni anno, prima e dopo della proclamazione del ‘Premio Strega’, si alza in un angolo un coro di polemiche legate al metodo di votazione e alla necessità di cambiare il regolamento della premiazione. C’è chi infatti congettura che la giuria, composta dai 400 ‘amici della Domenica’, possa venire influenzata dai grandi gruppi editoriali che così, attraverso voti pilotati, riescono ad aggiudicarsi il tanto ambito ‘Premio Strega’. Queste critiche vengono consolidate da semplici osservazioni, come ad esempio che i votanti possono essere a loro volta scrittori pubblicati da queste grandi case editrici e che il voto attribuito non è in realtà basato sul successo di vendite o di gradimento di pubblico, il quale invece si costruisce dopo la premiazione. A questo si somma la constatazione di una consolidata tradizione di vittorie dei soliti grandi gruppi editoriali ed il fatto che le piccole e locali case editrici non riescono mai a scavalcare la staccionata e promuovere i loro libri.

    Ma tutto sommato possiamo dire che queste polemiche possono continuare a rimanere in un angolo, se consideriamo invece il grande merito che al ‘Premio Strega’ bisogna riconoscere: la capacità di sostenere e promuovere almeno una volta l’anno la conoscenza della Letteratura italiana, regalandoci così la possibilità di conoscere capolavori che ci potranno accompagnare durante le nostre calde giornate estive.

  • Fatti e Storie

    Rifiuti a Napoli. Una storia infinita



    La difficile situazione campana legata al problema dello smaltimento della nettezza urbana non è assolutamente un problema recente: infatti la crisi dei rifiuti ha incominciato ad attanagliare questi territori già dagli anni ‘90.
     
    Tale emergenza era – ed è - legata alla difficoltà ed a volte impossibilità della raccolta ed al successivo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a causa della sistematica saturazione delle discariche attive e presenti sul territorio. Quindi a periodi alterni, strettamente legati a tale saturazione, questi rifiuti sono destinati ad accumularsi per le strade delle città della Campania, con particolare gravità soprattutto nella Provincia di Napoli e Caserta.
     
    Ovviamente in contemporanea con questi periodi, le condizioni di vita degli abitanti diventano quanto mai difficili, dal peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie delle strade delle città, alla diffusione di odori insopportabili, alla proliferazione di insetti. Il tutto ha ovviamente spesso portato all’esasperazione, traducendosi in manifestazioni, proteste ed anche incendi dei cumoli di immondizia. Va detto però che su tali roghi tossici, che rilasciano nell’aria pericolosi quantitativi di diossina, vi è comunque il solido dubbio che vi sia la mano e l’interesse della Camorra, organizzazione mafiosa nata in Campania, nel rendere ancora più problematica e difficile la gestione comunale e provinciale del problema. Questa situazione si è poi direttamente ripercossa negativamente negli anni sulle attività commerciali delle città coinvolte ma anche sulla rinomata produzione ed esportazione casearia e ovviamente sul preziosismo incoming turistico.
     
    Le cause e le motivazioni intrinseche sono in realtà quanto mai complesse e difficilmente sintetizzabili in una semplice difficoltà logistica legata al non adeguato funzionamento delle discariche. Sono legate soprattutto problematiche politico-organizzative agli interessi industriali e malavitosi. Negli anni ad esempio è risultata difficile e lenta -sia per problemi connessi alla tutela dell’ambiente sia a quelli relativi alle sospette infiltrazioni camorristiche negli stessi appalti- la concreta pianificazione e costruzione delle discariche, degli inceneritori, degli impianti di compostaggio. Numerose sono state le proteste dei cittadini in particolare in quelle città, quali ad esempio Caivano ed Acerra, che sono state indicate dalla Provincia quali siti per convogliare i rifiuti indifferenziati.
     
    A queste difficoltà progettuali si devono poi sommare la mancata diffusione e sostegno della raccolta differenziata ma anche e soprattutto gli interessi camorristici nel perpetuare la gestione illegale dello smaltimento dei rifiuti per lo più industriali, tossici e pericolosi, i cui profitti vengono stimati pari a quelli del traffico della droga.
     
    Così per far fronte a tale situazione nel 1994 il Governo italiano ha proclamato lo stato di emergenza ambientale in Campania e nominato un commissario straordinario per la gestione urgente del problema. Questa gestione emergenziale ha cercato di risolvere il problema requisendo alcune discariche private nei territori limitrofi, pianificando la realizzazione di due termovalorizzatori e sette impianti per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti ma anche trasportando a pagamento i rifiuti nelle regioni limitrofe, quali la Toscana, l’Umbria e l’Emilia Romagna ed anche all’estero in Germania.
     
    Nel 2009 il Governo italiano, presieduto da Silvio Berlusconi, ha ritirato lo stato di emergenza. La situazione però non è migliorata in questo arco di anni e la gestione dei rifiuti e delle stesse discariche non è assolutamente cambiata.
     
    E così circa tre settimane fa, per l’ennesima volta e ad un mese dall'elezione del nuovo sindaco Luigi De Magistris, la situazione dei rifiuti si è nuovamente presentata nella sua gravità e il bellissimo territorio campano si è ritrovato sommerso da rifiuti non ritirati. Tra Napoli e provincia erano stimati giacenti circa 14 mila tonnellate di rifiuti non raccolti. I cittadini esasperati dagli odori ed anche dagli insetti hanno cosparso sui rifiuti calce viva. Purtroppo però sono anche stati appiccati a Napoli e nelle zone limitrofe una ventina di incendi sui cumoli di rifiuti.
     
    Il Consiglio dei Ministri ha quindi approvato un decreto legge, una legge straordinaria per celere risoluzione dei rifiuti campani. All’approvazione del decreto si sono astenuti polemicamente gli esponenti della Lega Nord in linea con quanto poi dichiarato dal loro Leader e Ministro per le Riforme Istituzionali Umberto Bossi, «Il problema dei rifiuti lo abbiamo già risolto una volta. I napoletani non imparano mai la lezione».
     
    Più precisamente questo decreto è finalizzato ad autorizzare il trasferimento dei rifiuti fuori dalla regione campana verso altre discariche dislocate in territori regionali limitrofi.
     
    Ma il decreto e le misure previste in esso, che in effetti sembrano un rimedio palliativo ed emergenziale più che come una concreta e necessaria soluzione a questo decennale problema, sono stati giudicati inutile e insoddisfacenti ad esempio dalla Conferenza delle Regioni Italiane, ma anche dal Presidente della Regione Stefano Caldoro e dal primo cittadino Luigi De Magistris, che lo ha definito ‘Più che indecente è deludente’ affermando che «Ci aspettavamo che il governo facesse qualcosa per Napoli e non lo ha fatto. Il decreto è deludente e pilatesco. È la solita balla di Berlusconi che farà individuare a un commissario discariche e termovalorizzatori. Ma noi renderemo Napoli sempre più autonoma».
     
    Mentre quindi lo stesso Berlusconi ha così commentato tale decreto: “E’ il massimo sforzo che potevamo fare ora per Napoli”, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, invece ha cosi definito il decreto: «Una misura che non risolve l’emergenza. Certi comportamenti servono solo ad allontanare la soluzione del problema».
     
    Insomma a fronte di questi pareri discordi, sembra proprio che con questo decreto legge la strada verso una normalizzazione della gestione provinciale e comunale dei rifiuti sia ancora tutta in salita per la tribolata ma bellissima Campania.
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
    http://www.governo.it/governo/consiglioministri/index.asp
     
    http://www.comune.napoli.it
     
    http://www.regione.campania.it/
     
    http://www.leganord.org/
     
    http://www.luigidemagistris.it/


  • Milano verso il ballottaggio

    Milano - Il 15 e 16 maggio i milanesi si sono recati a votare per le elezioni amministrative: dovevano scegliere a quale sindaco affidare la città di Milano per i prossimi cinque anni.

     
    Ma in seguito allo spoglio è risultato che nessuno ha ottenuto la maggioranza stabilita. I due candicati che hanno ricevuto più voti, Letizia Moratti, sindaco uscente del Popolo della Libertà e della Lega Nord (42% delle preferenze), e Giuliano Pisapia, avvocato milanese sostenuto dal Partito Democratico, Italia dei Valori e Sinistra Ecologia e Libertà (48% delle preferenze), andranno al ballottaggio. Dunque i milanesi il 29 e 30 maggio saranno chiamati per la seconda volta ad esprimere la loro preferenza.
     
    È passata quindi una settimana dall’esito di queste votazioni e chiacchierando con la gente comune, con i milanesi che sono chiamati a votare per il loro prossimo sindaco emergono opinioni piuttosto precise e chiare e, almeno apparentemente, ben lontane dall’essere cambiate in una settimana in attesa delle prossime elezioni.
     

    Dalle università, ai luoghi di lavoro fino alle chiacchiere da bar, le opinioni che circolano, che si sentono e leggono sulla figura di Letizia Moratti, sulle sue iniziative e i progetti per la città ed ovviamente. sul tipo di campagna elettorale scelta. sono delle più disparate, e chiaramente ambivalenti e spaccate a metà, proprio come l’esito della votazione ha evidenziato.

    Si va dalle considerazioni prettamente politiche a quelle più legate ad esempio alla vivibilità della città.

    Partendo dalle considerazioni più concrete e pratiche, molti giovani milanesi ad esempio hanno apprezzato la creazione di piste ciclabili e soprattutto l’avvio nel 2008 di BikeMi, un servizio di bike sharing a pagamento che ha messo a disposizione un migliaio di biciclette in un centinaio di postazioni diffuse per il centro della città.

    Numerosi sono poi i milanesi che hanno lodato la capacità della Moratti di sostenere la candidatura di Milano per l’Expo 2015, battendo nel 2008 la città turca di Smirne alle votazioni dell’Ufficio Internazionale delle Esposizioni di Parigi. L’Esposizione Universale si terrà dal 1 maggio al 31 ottobre 2015 e per la sua realizzazione sono stati approvati ed avviati importanti progetti architettonici e di viabilità di ampio respiro per la città di Milano.

    Quindi la capacità imprenditoriale e promozionale della Moratti viene vista come la spinta necessaria per far si che Milano riparta economicamente e si reinserisca nuovamente fra le grandi metropoli internazionali. Per molti milanesi l’Expo 2015 è un importante stimolo capace di attirare investimenti, rinnovamenti strutturali e sicuramente flussi turistici, ma anche un’ottima occasione di produrre numerosi posti di lavoro, che vengono stimati sui 60.000 all’anno.

    A questa importante ondata di rinnovamento e di investimenti dell’Expo 2015 si legano direttamente ed indirettamente una serie di interventi molto apprezzati dai cittadini, quali la riorganizzazione, l’ampliamento e il restauro della stazione ferroviaria centrale, la progettazione del prolungamento di alcune linee della rete metropolitana, che quindi passerà dai 76 ai 140 chilometri totali, la creazione e il collaudo nel novembre 2010 della nuova linea 5 della metropolitana con capolinea appunto alla sede dell’Expo e poi infine la realizzazione di numerosi spazi verdi. Questi importanti e lungimiranti progetti sono ribaditi sugli imponenti e numerosissimi manifesti elettorali della Moratti, ‘Stiamo lavorando per una Milano dove sia sempre più facile muoversi’ o ‘Una Milano sempre più attiva: 61.000 posti di lavoro all’anno grazie all’Expo’.

    Per questi milanesi, è la Moratti la personalità capace di sostenere tali importanti progetti e non Giuliano Pisapia, che viene considerato certamente una personalità politica equilibrata e seria ma non propriamente all’altezza di governare e guidare una metropoli come Milano verso le sfide dell’Expo e dei grandi progetti già avviati.

    Ma dall’altra parte, un egual numero di milanesi non ha assolutamente gradito alcune scelte del sindaco uscente, quali quelle che hanno portato all’apertura nel 2009 di imponenti cantieri per la costruzione di una serie di grattacieli nella zona Porta Nuova-Varesine-Garibaldi. Questi cantieri infatti vengono visti come la causa principale dell’aumento del traffico, dell’inquinamento acustico e dell’abbassamento del livello di vivibilità della città.

    Alcuni cittadini non hanno perdonato la mossa di promuovere tutti questi cantieri contemporaneamente, non spalmando il progetto magari in un arco di tempo di 5-10 anni. Insomma, a detta di molti, gli obiettivi della Moratti sono stati troppo grandi e spropositati per essere sostenuti tutti insieme.

    Inoltre numerosi milanesi criticano fortemente il fatto che, a fronte della crescente difficoltà di trovare casa e dell’elevato costo del metro quadro, tali grattacieli saranno per lo più destinati ad uso ufficio e non ad uso abitativo.

    Proprio a questo proposito molti milanesi hanno condiviso ad esempio un manifesto promosso dalla campagna elettorale dell’avversario Pisapia che diceva ‘A Milano servono case da abitare. Non grattacieli da guardare’.

     A queste lamentele si aggiungono poi quelle per i numerosi cantieri per l’apertura ed ampliamento delle linee metropolitane, che hanno reso difficile gli spostamenti in città da parte dei lavoratori e degli abitanti stessi di Milano, o quelle per la promozione dell’Ecopass, un sistema di pedaggio per tutte le auto in entrata in determinate zone della città avviato nel 2008 dalla Moratti per cercare di ridurre il traffico auto e quindi l’inquinamento nel centro cittadino. Ma per molti tale iniziativa ha colpito quasi esclusivamente i privati lavoratori ed i pendolari.

    A queste considerazioni poi, si aggiunge il poco apprezzato affronto politico della Moratti nei confronti di Pisapia in occasione di una trasmissione televisiva. L’accusa di aver rubato una macchina negli anni ‘70 – risultata falsa – , rivolta dal sindaco uscente al suo avversario pochi istanti prima del termine di un dibattito e senza possibilità di replica, sembra essersi dimostrata un boomerang.

    E non sembrano al tempo stesso, almeno per ora, aver presa sulla gente comune, quei toni da propaganda che dipingono Pisapia come un terrorista che trasformerà Milano in una ‘cittadella dell’islam’. Infatti questa considerazione è nata dalla risposta che Pisapia ha dato al Comitato cittadino ‘Jenner-Farini’ che chiedeva da anni di trovare una soluzione alle settimanali preghiere islamiche organizzate nelle strade e sui marciapiedi del loro quartiere. A questa richiesta Pisapia ha risposto: ‘È importante avere un luogo per esercitare un diritto sancito dalla Costituzione’.

    Tale risposta però non è stata condivisa da alcuni milanesi ed è stata vista come una pericolosa minaccia alla sicurezza cittadina.

    Insomma a conti fatti gli umori e le idee dei milanesi appaiono piuttosto definiti e precisi e sembra proprio che non saranno loro a cambiare l’esito della prossima votazione, ma gli indecisi, gli astensionisti e quelli che non hanno votato o lo hanno fatto per altri candidati delle prime votazioni.

  • Facts & Stories

    The June 12-13 Referendum: Four Questions About the Future of Italians

    The referendum is a very important tool of direct expression of the people's will and was first used in Italy in 1946, just after the end of World War II. Italians were asked to chose their form of government, between republic and monarchy. The vote decided the birth of the Italian Republic.
     

    Since 1946 there have been other referendums as important, such as the one on divorce in 1974, abortion in 1981 and the 2005 one about the regulations of medically assisted procreation. The latter didn't reach a quorum, leaving the regulations in place. The referendum's typicality is that the result depends on reaching a quorum, a minimum legal number of voters, meaning over 50% of Italian voters, approximately 25.000.000. If this number isn't reached, the vote, whatever the result, is not counted and the referendum is null.

    Only eight of the fifteen referendums since 1946 have reached the quorum. Not reaching the quorum is a consistent risk of every referendum.

    Italians abroad are also called to vote in the referendum, according to the instructions that can be found on i-Italy and on Italian General Consulate in New York. Following are the four questions:

    The first and second question concern the same topic, the elimination of the regulations for the liberalization of public water management and the resulting privatization of the water network and services (aqueducts, sewers, etc.).

    The economic, moral and management implications are obvious. The possibility of privatizing the management of water, a public and universal good, with the possibility of entrusting it to two or three large corporations, while it could repair certain faults of the distribution system, it could also be perceived as a threat to the democratic principles of distribution and have strong repercussions on management costs.

    The third question is the elimination of recent legislature for the construction of nuclear power plants. According to the plans of the Italian government, beginning in 2013, four nuclear power plants will be built on the Italian territory.

    This topic is quite relevant today after the horrible crisis that happened in March in the Japanese nuclear plant of Fukushima I, after two earthquakes and the resulting tsunami.

    The fourth question asks for the elimination of the law of April 7, 2010, on 'legitimate impediment' for all Ministers and the Prime Minister, allowing them to never appear in court during office, because of the constant important commitments of government and institutional obligations. The morality and unconstitutionality of the law are obvious, since this goes against the principle of law equality. Article 3 of the Italian Constitution says: “All citizens have equal social dignity and are equal when facing the law, indistinguishable for sex, race, language, religion, political opinions, personal and social conditions”.

    But among the political and institutional people who should be appealing to that law, there is the Prime Minister himself, Silvio Berlusconi, who at the moment happens to be accused in three different trials, the 'Mills' trial for corruption, the 'Mediaset' trial for financial fraud, and the 'Mediatrade' trial for both embezzlement and financial fraud.

    Although these four questions are morally, politically, and juridically relevant, there are two elements that could raise the risks of the quorum not being reached: one relative to the dates chosen for the referendum, the other relative to the communication of the referendum itself.

    Keeping into consideration abstention as a perfectly legitimate choice, it must be said that the dates chosen for this referendum could condition its result.

    The Government's choice to not have the referendum on the same dates as the administrative elections of mid-May, which would have made it logistically simpler as well as saved a huge amount of money, and instead have the referendum in mid-June could influence the results.

    Many Italians will be away on that summer weekend thanks to lower costs and the first days of summer.

    To this is added the second aspect, the communication of the referendum: it is now only a month away and Italians know almost nothing about it.

    The institutional communication about the referendum, enforced by law on the three public channels (RAI) was scheduled to begin in April but has been continually delayed by the Vigilance Commission of Rai, which includes representatives of the government, and which seven times, during last month, postponed voting for the approval of the regulations regarding public information for the referendum.

    This delay was caused by the absence of government representatives (from the Partito della Libertà, Lega Nord and Iniziativa responsabile), never allowing the Commission to reach the minimum number of voters.

    Finally, on May 6, the President of the Republic Giorgio Napolitano, publicly reminded the President and General Director of Rai, Paolo Garimberti and Lorenza Lei, about the importance of assuring information about the Referendum on the public channels.

    The same evening, Rai declared its commitment to predispose equal information about it, but in accordance to technical and institutional times, these will only be visible after May 25, allowing Italians to figure out how to vote only fifteen days prior to the Referendum.

    But in the meantime, to compensate the negligence of the public televisions, mobilization on the web and in the streets seems to grow strong, with several specific websites and facebook pages with information and scheduled days of mobilization. So in the undergrowth of self-managed information the excitement and will to speak are high, but obviously it cannot be known if these will cover the whole territory and all voters.

    So now there is only to wait for the counting of the ballots to know if Italians will decide to express themselves on four important topics against the difficulties of calendar and communication.

    More Info:
    Gazzetta Ufficiale

    Costituzione italiana
    Ministero dell'Interno
     

  • Fatti e Storie

    Il referendum del 12-13 giugno 2011: quattro quesiti per il futuro degli italiani

    Il 12 ed il 13 giugno 2011 gli italiani saranno chiamati ad esprimere la loro opinione, attraverso il referendum, su quattro importanti quesiti.

    Il referendum è uno strumento importantissimo di espressione diretta della volontà popolare e in Italia fu utilizzato per la prima volta nel 1946 al termine della Seconda Guerra Mondiale. Gli italiani furono chiamati a decidere quale forma di governo darsi, scegliendo fra la repubblica o la monarchia. Dall’esito di questo voto nasceva la Repubblica Italiana.
     

    Negli anni successivi al 1946, nella storia dell’Italia vi sono stati altri referendum altrettanto importanti, quali quello sul divorzio del 1974, dell’aborto nel 1981 o quello del 2005 che proponeva di modificare alcune importanti norme relative la procreazione medicalmente assistita. Tale referendum però non ha raggiunto il quorum, lasciando quindi la situazione normativa immutata.
     

    Infatti una caratteristica fondamentale dei referendum è che il loro risultato e quindi la loro capacità di rendere concreto quanto scelto dai votanti è strettamente legato al cosiddetto ‘quorum’. Questa parola latina sta ad indicare il numero legale minimo di votanti che deve essere raggiunto con il referendum, che equivale al 50% più 1 dei cittadini italiani aventi diritto al voto, ossia circa 25.000.000 italiani. Se non si raggiunge questo numero e quindi il quorum, il voto a prescindere dal suo esito e l’intero referendum viene dichiarato nullo.
     

    In effetti va detto che dal 1946 ad oggi sono stati organizzati 15 referendum, ma di questi solo otto hanno raggiunto il quorum, mentre i restanti sono stati dichiarati nulli proprio perché non era stato raggiunto il numero legale minimo di votanti .
     

    Quindi per ogni referendum il pericolo del mancato raggiungimento del quorum è ogni volta piuttosto consistente.

    Ma vediamo cosa riguarderanno i quattro quesiti di quest’anno. Va ricordato che sono chiamati a votare anche tutti gli italiani all’estero con modalità pubblicizzate a parte anche su i-italy  e sul sito del Consolato Generale d'Italia a New York.

    Il primo ed il secondo quesito sono sullo stesso tema chiedono di abrogare, ossia di eliminare, le norme relative alla liberalizzazione della gestione dell’acqua pubblica e quindi la conseguente privatizzazione delle reti e dei servizi idrici (acquedotti, fognature, etc.).

    Le implicazioni economiche, morali e gestionali di questi due quesiti sono evidenti. La possibilità di privatizzare o meno i servizi connessi alla gestione dell’acqua, bene pubblico ed universale, magari affidandoli a due o tre grandi multinazionali, se da un lato potrebbe migliorare e sanare alcune falle del sistema di distribuzione, dall’altro potrebbe anche essere intesa come una minaccia a quel principio democratico di distribuzione ed influire sui costi di gestione.

    Il terzo quesito chiede l’eliminazione di alcune recenti norme che prevedono la costruzione di centrali nucleari per la produzione di energia nucleare. Infatti secondo quanto pianificato dal Governo italiano, a partire dal 2013 dovrebbero essere costruite ben quattro centrali nucleari sul territorio nazionale.

    Questo tema risulta quanto mai attuale e sentito soprattutto dopo la gravissima crisi verificatasi proprio lo scorso marzo nella centrale elettronucleare giapponese Fukushima I, a seguito dei danni causati dai devastanti terremoti di Sendai e del Tōhoku e dal successivo tsunami.

    Il quarto quesito chiede infine di abrogare la legge del 7 aprile 2010 sul ‘legittimo impedimento’ a comparire in udienza penale del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri, a fronte del loro ruolo, caratterizzato da importanti e continui impegni di governo ed obblighi istituzionali.

    Ovviamente le questioni di moralità e di incostituzionalità della legge sono evidenti, visto che uno dei principali dogmi della giustizia italiana, presente anche a caratteri cubitali in ogni aula di tribunale di tutta la penisola italiana è che ‘La Legge è uguale per tutti’. Questo principio infatti si richiama all’articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana che dice:« Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

    Ma fra le personalità politiche ed istituzionali che potrebbero invocare tale legge, come è noto, vi è anche lo stesso Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che è al momento imputato in tre processi penali, ‘Mills’ per corruzione, ‘Mediaset’ per frode fiscale e ‘Mediatrade’ per appropriazione indebita e frode fiscale.

    Ma se come abbiamo visto la rilevanza morale, politica ed ovviamente giuridica di questi quattro quesiti e del referendum stesso è innegabile, vi sono due elementi che forse potrebbero, a detta di molti, mettere a rischio il raggiungimento del quorum e quindi l’intero referendum in Italia: l’uno riguardante le date in cui si terrà il referendum e l’altro relativo alla comunicazione dello stesso.

    Pur dovendo ovviamente considerare l’astensionismo come una possibile scelta legittima, ossia la libertà di ognuno di non recarsi ad esprimere il proprio voto o di voler coscientemente boicottare il raggiungimento del quorum, va detto che le date scelte per il referendum potrebbero influenzarne direttamente l’esito.

    Infatti la decisione del Governo di non voler accorpare tale referendum alle elezioni amministrative che si sono tenute in numerosissimi comuni italiani a metà maggio, cosa che avrebbe permesso innegabili facilitazioni logistiche oltre che un risparmio di risorse economiche, ma di calendarizzarlo a metà giugno, potrebbe influire sul risultato del referendum.

    Non è da escludere infatti che per quel weekend estivo molti italiani possano trovarsi fuori città per iniziare a godersi dei primi e piacevoli assaggi di vacanze estive, approfittando delle tariffe più economiche e dei primi caldi.

    A questo poi si deve aggiungere anche il secondo aspetto e cioè quello della Comunicazione del referendum: manca ormai meno di un mese ma fino ad ora gli italiani ne sanno veramente poco sulle modalità e sul contenuto dei quattro quesiti.

    La comunicazione istituzionale e prevista per legge del referendum sulle tre principali reti pubbliche della Rai doveva iniziare ad aprile ma è stata continuamente procrastinata perché la Commissione di Vigilanza Rai, della quale fanno parte gli esponenti politici di tutte le parti al governo, per ben sette volte in un mese ha dovuto rinviare la votazione per l’approvazione del regolamento riguardante l’equa informazione pubblica in merito.

    Tale rinvio è stato causato dalla mancanza del numero legale della Commissione stessa dovuto all’assenza reiterata degli esponenti della maggioranza di governo (Partito della Libertà, Lega Nord ed Iniziativa responsabile).

    Infine poi il 6 maggio il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha pubblicamente ricordato al presidente ed al direttore generale della Rai, Paolo Garimberti e Lorenza Lei, l’importanza di assicurare tempestivamente sulle reti pubbliche l’informazione sul Referendum.

    Così la sera stessa di questo richiamo, la dirigenza Rai ha dichiarato il suo impegno a predisporre spazi televisivi di equa informazione in merito, anche se in base ai tempi tecnici ed istituzionali tali spazi saranno concretamente visibili dal 25 maggio in poi. Quindi sostanzialmente gli italiani potranno farsi un’idea su come votare solo 15 giorni prima del Referendum.

    Nel frattempo però, quasi a compensare questo oscuramento sulle reti televisive pubbliche, sembra crescere e strutturarsi la mobilitazione della rete ed anche delle piazze, con una serie di siti web specifici, pagine facebook, di approfondimento e giornate di mobilitazione. Insomma nel sottobosco dell’informazione autogestita c’è fibrillazione e voglia di far sentire la propria voce, ma ovviamente non si può sapere se sarà sufficiente a coprire l’intero territorio nazionale e tutti i tipi di votanti.

    Ora quindi bisognerà solo aspettare il conteggio delle schede per sapere se e come gli italiani, a fronte dell’importanza politica e morale dei quattro quesiti e della calendarizzazione e comunicazione del referendum stesso, decideranno di esprimersi.

    Per Maggiori Informazioni:

    Gazzetta Ufficiale

    Costituzione italiana

    Ministero dell'Interno
     



    Lega nord