A Casa, con Stefano Albertini
E’ una piacevole consuetudine per i-Italy fare il punto sui programmi della Casa Italiana della NYU con il suo direttore, Stefano Albertini.
La palazzina del village, dove si svolgono le attività dell’Istituto, è stata acquistata ventun’anni fa dalla baronessa Mariuccia Zerilli-Marimò e donata alla NYU. L’intento, raggiunto al di là delle più rosee aspettative, era quello di regalare a New York un posto, appunto una casa, dove far abitare la cultura italiana.
Ci vado molto spesso e tutte le volte che varco il suo portone non posso fare a meno di provare la stessa sensazione di profonda accoglienza, vitalità e calore: sono a casa.
Le sue mura in qualche modo parlano, c’è infatti quasi sempre una mostra che percorrendo i suoi corridoi riporta in Italia. Se si arriva in orario di lezione, studenti di tutte le nazionalità camminano con i loro libri e computer portatili da una stanza all’altra, si fermano a studiare in biblioteca o nel giardino, se fa caldo. Verso sera invece spesso un pubblico etereogeno riempie l’auditorio.
E Stefano Albertini, il direttore, ha dato la sua inconfondibile impronta a tutto ciò. Insieme ad uno staff di giovanissimi italiani ed americani è il regista di un racconto non sempre facile: quello della cultura italiana agli americani.
Lo trovo nel sul ufficio tra libri, cataloghi, foto e quadri, davanti al suo computer Apple con cui contatta anche i suoi collaboratori usando Skype. Non disdegna comunicare attraverso Facebook dove sa che trova più facilmente giovani. Mentre conversiamo l’allert delle email suonerà spesso.
La sua porta ha visto passare personaggi italiani ed americani molto noti ma anche entrare giovani talenti meno conosciuti in anni molto vivi per i rapporti tra Stati Uniti ed Italia.
Con lui si parla di cultura e lo si fa con garbo, ma senza peli sulla lingua.
Albertini comincia rissumendo per i-Italy i punti salienti delleattività appena avviata quest’anno:
“La nostra programmazione ha ormai un ritmo abbastanza consolidato negli anni. Ci sono alcuni appuntamenti fissi come Open Roads insieme ad Antonio Monda ed il Lincoln Center, la collaborazione col Penn Festival, le serie di Fred Plotkin sull'opera, quella di Grazia D'annunzio ed Eugenia Paulicelli su stile, moda e design. Solo per dirne alcuni.
Poi ci sono tutta una serie di attività che cambiano di anno in anno. Quest'autunno, ad esempio, abbiamo la fortuna di avere qui, nel giro di dieci giorni, due tra i più significativi scrittori italiani. Uno rappresenta l'estremo nord, il nord est: Claudio Magris. E’ un grande teorico della Mitteleuropa e dell’importanza asburgica per una grande parte del Europa centrale che si estende anche all'Italia. L’altro è Erri De Luca, scrittore napoletano di grande afflato spirituale. Due autori che rappresentano due realtà geografiche e due modi di sentire, differenti pur avendo molto in comune.
L'altro aspetto che unisce alcune delle attività di questo semestre è una specie di viaggio, di esplorazione nella musica popolare italiana. Abbiamo avuto il Canzoniere Grecanico Salentino che rappresenta forse l'eccellenza della cultura musicale popolare pugliese dalla pizzica in poi. Avremo uno spettacolo di canzoni popolari siciliane dedicate al mare con Michela Musolino e una band creata apposta per noi. Verrà un coro di soli uomini da Nuoro che presenta la grande tradizione della musica sarda. Assisteremo anche ad un excursus sulla tradizione corale italiana da prima del gregoriano al gregoriano e dopo.
Ci sembrava molto significativo ripensare la musica popolare italiana, la musica folkloristica, in un momento di grande rinascita grazie a una serie di sperimentazioni, di commistioni con la musica rock, pop e addirittura con la musica elettronica.
E poi la Casa è sempre abitata da bellissime mostre…
Questo semestre abbiamo due mostre molto importanti. Non sono d'arte nel senso di artisti contemporanei. Quella in corso, quasi al termine oramai, è sulle ville fortificate del Nord Italia con modelli lignei.
La prossima sarà dedicata alla presenza di Hemingway in Italia e specialmente nel Veneto. Una rassegna di fotografie con immagini in bianco e nero molto belle che documentano questo vivere italiano di uno dei più grandi scrittori americani del 900. Sarà come entrare nel suo paesaggio mentale, a Venezia, in tutto il Veneto.
Nel prossimo semestre riprenderemo a parlare di arte contemporanea. Stiamo lavorando a una grossa mostra dedicata a Licini insieme all'Istituto Italiano di Cultura.
Stiamo definendo anche altre iniziative legate al cinema e la fotografia. Posso anticipare che porteremo “Margini d’Italia”, una mostra molto bella messa insieme dal nostro collega David Forgacs, ordinario di Studi Italiani Contemporanei. Racconta diversi aspetti della marginalità in Italia, dagli immigrati alla classe operaia ecc… Un'Italia molto diversa da quella che viene presentata nelle cartoline. Ci sembra giusto dar conto di diverse realtà.
Diverse realtà…. non è sempre facile raccontare il nostro Paese.
Credo che ci siano momenti in cui facendo il nostro lavoro bisogna andare un po' in apnea rispetto alla realtà contemporanea dell'Italia, questo è uno di quei momenti. Il fatto che noi non stiamo li aiuta ad andare un po' al di là. Aiuta a spiegare il nostro Paese e lo sai anche tu bene anche per quanto rigurada il tuo lavoro di giornalista verso lettori americani al di là dell’oceano.
Qualche altra anticipazione su iniziative legate all’attualità italiana?
Oltre all’attesa conversazione con Beppe Severgnini che ha dedicato l'ultimo libro al come spiegare l'Italia di Berlusconi agli americani, avremo un’iniziativa che si chiama "Why Italy matters to the world". La realizziamo insieme a un gruppo di professionisti italiani a New York
Partirà a metà novembre. Si lavorerà sulla ricerca di investitori americani per start up italiane d'avanguardia. Secondo me è nostro dovere offrire possibilità ad imprese giovani che sono in Italia.
Dico questo perchè, passata questa crisi, verrà, sicuramente, un momento migliore sull'onda di una classe imprenditoriale più giovane e intraprendente.
Quindi cerchiamo di guardare oltre la crisi e preparare possibili vie d'uscita.
Ma la crisi non è purtroppo solo economica nel nostro Paese…
E' inutile nascondersi che siamo in un momento in cui è difficile parlare dell'Italia. Da un pò di tempo è rappresentata negli States come una barzelletta. Siamo sempre ricordati quasi più dagli stand up commendians che non da notizie serie. Tutto ciò rende sicuramente più difficile il nostro lavoro.
Ma non è rimestando in questa situazione di crisi incancrenita che possiamo uscirne. Noi della Casa Italiana abbiamo il vantaggio, in un certo senso, di vivere fuori dalla palude italiana e quindi possiamo, più facilmente di altri, alzare gli occhi.
La Casa Italiana è sempre di più il luogo per il dialogo su questioni italiane a New York. Come abbiamo detto in un’altra intervista che ti abbiamo fatto anni fa: una ‘free arena” aperta a tutti…
Credo di poter dire che tutte le forme politiche e culturali hanno avuto ed hanno la possibilità di esprimersi nella Casa Italiana. Gli incontri sono sono stati sempre molto franchi e onesti. Ricordo la visita di Letizia Moratti da ministro dell'università e della Ricerca Scientifica. Ci chiese di incontrare ricercatori e ricercatori italiani e un funzionario italiano mi chiese di invitare solo gente che non facesse polemiche. Io risposi che noi non scegliamo, che erano tutti colleghi allo stesso modo e che avrebbero avuto tutti le stesse possibilità di parola. Fu un incontro molto vivace, acceso, con opinioni molto forti ma espresso con grande fair play. Io credo che sia questa la chiave di volta. Se non si censura, la discussione diventa pacata.
Quello che noi possiamo fare e offrire una piattaforma di discussione democratica in cui tutti possano esprimere una propria idea. La stessa cosa e successa quando è venuto Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia ma anche politico di sinistra molto discusso.
Ci sono state tante visite “memorabili”. Ricordo una per tutte. Quella del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Mi è rimasta impressa la commozione sui volti della Baronessa Zerilli Marimò e di Stefano Albertini.
“E’ stata una grande emozione vedere il Presidente della Repubblica qui. Chiedeva ai nostri studenti e dottorandi di cosa si occupavano per scoprire che abbiamo da noi studenti canadesi, cinesi, francesi. Tutti ad NYU per conoscere la cultura e la letteratura italiana. Con lui si è svolto un dialogo fresco e vivace. E’ stato un incontro con studenti e professori di una semplicità esemplare, i discorsi ufficiali sono durati pochi minuti. Il resto è stato informale. “
Concludendo la nostra conversazione Stefano Albertini ci tiene molto a ricordare quanto è importante la presenza della Casa Italiana sul web.
“E’ fondamentale per noi ripensare in continuazione la nostra presenza su Internet. E lì che si trova il nostro futuro e il futuro delle organizzazioni come la nostra. Faccio un esempio. Un incontro sull’opera italiana con Fred Plotkin visto in sala da circa 200 persone quando viene messo in rete viene rivisto integralmente da quasi lo stesso numero di persone e non solo dagli Stati Uniti. Per esempio 44 persone erano in Germania. E’ un dato che fa molto pensare. La missione sul web che condividiamo con voi di i-Italy è il nostro futuro.
Internet è un mezzo che si evolve continuamente. dobbiamo renderlo sempre più utile per le persone e gli studiosi che si interessano di cose italiane.
E mi lascia con il racconto dell’evento che proprio vorrebbe a New York…
E’ qualcosa che stiamo cercando di realizzare da molto tempo. La proiezione di Cabiria, (il grande kolossal del film muto, il primo del cinema mondiale che venne eseguito per la prima volta a Torino con l'accompagnamento di un'orchestra e dei testi di D'Annunzio). Vorrei un grande screening in un grande teatro e con una grande orchestra...
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