Vincenzo Consolo. Il sorriso siciliano a Manhattan

Flavia Bagni (March 07, 2009)
Presentato in una conferenza al Calandra Institute: “Vincenzo Consolo’s Sicily between History and Myth”, saggio di Vincenzo Pascale sull'opera dello scrittore siciliano

Dare voce a chi non ne ha. E’ questo il valore aggiunto dell’opera di Vincenzo Consolo, scrittore nato in Sicilia e trasferitosi a Milano ormai da quarant’anni. L’esperienza dell’emigrazione, dello scontro con un dialetto diverso, della appartenenza a una terra di contadini sono parte fondamentale per capire a fondo il significato dei suoi scritti.

Vincenzo Pascale , professore della Rutgers University, ha presentato al Calandra Italian American Institute,  lo scorso 5 marzo, il suo recente saggio., “Vincenzo Consolo’s Sicily between History and Myth". 

Dopo una breve introduzione del professor Anthony J. Tamburri, che ha letto anche una sostanziosa presentazione del volume del professor Peter Carravetta - assente per motivi di salute -, Pascale ha accuratamente descritto e commentato il suo lavoro, nato da una tesi di dottorato dedicata al testo 'Il sorriso dell’ignoto marinaio'.

“E’ un romanzo che narra il fallimento di un progetto politico e sociale, l’unificazione italiana avvenuta attraverso una forte penalizzazione delle classi sociali meridionali meno abbienti, e per estensione è un romanzo sulle problematiche che emergevano nella società italiana".

Scritto a partire dal 1968 e pubblicato per la prima volta nel 1976, Il sorriso riflette appieno le vicende storiche dell’epoca; sono gli anni del fallimento dei progetti rivoluzionari, del riposizionamento, dell’incertezza dopo la speranza. Sono gli anni del compromesso storico, dei governi di solidarietà nazionale, anni in cui sembrava sfumare la possibilità per molti intellettuali di comprendere e raccontare la realtà. “Il tema del ruolo dell’intellettuale nella società accomuna molti scrittori del ‘900. Nella scrittura di Consolo possiamo ritrovare le influenze degli autori della sua formazione, da Manzoni e Verga, Calvino e Pavese, passando per Sciascia, Tomasi di Lampedusa, Gadda e Pasolini”, spiega il prof. Pascale. “Ne risulta un’opera di ampio respiro, che unisce alla sperimentazione nella forma narrativa e linguistica, il recupero di memorie, luoghi, culture e storie dimenticate”. Il testo è costruito all’insegna della frammentazione: ogni capitolo è parte a se stante, secondo una logica che vuole restituire alle vicende una sorta di autonomia.

L’autore rinuncia al suo ruolo di pilota della struttura narrativa e lascia emergere i fatti, le voci e le storie dei suoi personaggi. Un romanzo storico che non vuole assumere un univoco punto di vista in cui la realtà diventa sequenza prestabilita di cause e conseguenze, linearità di eventi che nella realtà si presentano spesso confusi e difficilmente interpretabili se non con la distanza del tempo.

 Dare voce a chi non ne ha.

A distanza di trent’anni ci sembra ancora questo forse l’aspetto che rimane più forte de Il Sorriso dell’ignoto marinaio. “Il messaggio che Consolo ci consegna oggi è rappresentabile con la metafora della conchiglia, che quando la avvicini all’orecchio ti permette di sentire gli echi del mare”.

La letteratura e l’arte diventano lo strumento per esprimere la polifonia di quanti non trovano rappresentazione.

Come la conchiglia, la scrittura può essere eco delle voci degli ultimi.

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