La politica? Un mondo sospeso

Gennaro Matino (April 18, 2016)
La libertà non è un assoluto, è un faticoso divenire che va in cerca di una continua ridefinizione nelle mutate vicende storiche. Compito della politica democratica di un paese, di una città, è trovare sempre e continuamente lo spazio perché la libertà non venga offesa. La politica è diventata qualcosa a sé, un mondo sospeso per aria dove siedono gli onnipresenti che tengono a bada il popolo che ogni tanto fa qualche domanda. La sfiducia, la lontananza, il disinteresse di tanti dipende da questo sentirsi fuori gioco e avvertire distanti, ormai perfino irrilevanti, parole come stato, parlamento, cosa pubblica, ancor di più sindaco, consiglio comunale, municipio. I rinunciatari formano quella grande massa che Benedetto Croce chiamava “il partito dei senza partito” e Dante Alighieri descriveva come la grande massa ondeggiante


MENO di due mesi alla tornata elettorale per le comunali a Napoli e se non fosse per qualche titolo di giornale, l’interesse della gente sembra essere piatto. Saranno presentate a breve le liste dei candidati, si parla di almeno quaranta solo per il Comune, da non contare quelle per le municipalità, tanto che qualcuno si è affrettato a dire che ci saranno più candidati che elettori. Una esagerazione, senza alcun dubbio, ma comunque è un segnale della disaffezione, del disinteresse della gran parte dei cittadini per la politica e per il futuro amministrativo della città.

D’altronde, già nella passata tornata di cinque anni fa il calo dei votanti a Napoli fu tale da portare alle urne appena il quaranta per cento degli aventi diritto e c’è da dire che allora ci fu la grande sorpresa de Magistris che suscitò attese e interesse, che comunque c’era ancora un Pd ben radicato sul territorio e la destra era abbastanza compatta intorno a Forza Italia. 




Fatti che oggi sembrano essere preistoria, il quadro politico, qualora ne sia sopravvissuto qualcosa, è completamente sconvolto e di soprese al momento non se ne vedono in giro. Il dibattito è sul provvisorio, sul già dato, sul già fatto e le proposte, qualora ci sono, non riescono a perforare il muro dell’indifferenza della gente. E la cosa è preoccupante oltre il significato stesso della partecipazione dei cittadini alla politica, è questione di democrazia a rischio, e benché qualcuno lo sottovaluti, è questione di libertà. La domanda che dovremmo porci resta ancora drammatica, nsistente: che fine ha fatto la libertà, qual è il suo destino? Non parlo della libertà che avrà il suo riscatto alla fine dei tempi o quella che si rivelerà con la morte di ogni uomo, ma della libertà come modo di vivere su questa terra, in questa città, di come l’uomo esprime il suo essere politico. C’è una relazione tra mancata passione politica della città, poco coinvolgimento dei cittadini alla sua definizione e la questione degrado, la mancanza di senso civico, la poca attenzione da parte del cittadino comune alla difesa del suo patrimonio di bellezza e di arte? Fare politica è uguale alla passione di partecipazione civile alla vita della comunità. Oggi tira aria di crisi perché le parole, le affermazioni, gli slogans suonano nel vuoto, “democrazia, pace, progresso, sviluppo…”.



 

La libertà non è un assoluto, è un faticoso divenire che va in cerca di una continua ridefinizione nelle mutate vicende storiche. Compito della politica democratica di un paese, di una città, è trovare sempre e continuamente lo spazio perché la libertà non venga offesa. Sicuramente a Napoli è più difficile che altrove, troppo individualismo, poco senso di appartenenza al bene comune, ma proprio per questo una politica per la città dovrebbe avere come suo primario compito l’educazione alla legge che rivendichi alla libertà i suoi spazi. Amministrare il bene comune è fare in modo che tutti ne abbiano parte senza che qualcuno limiti la libertà dell’altro. Il principio è semplice e ha ricadute formidabili nella quotidianità di una città: strade pulite, traffico controllato, il rispetto del silenzio notturno, regolamentazione dell’occupazione del suolo pubblico da parte di botteghe e ristoranti, parcheggi non abusivi e quelli legali non da ricatto, asili accoglienti, periferie vivibili e chi più ne ha più ne metta.

 

La rivoluzione non è una barricata dalla quale si spara contro la guardia regia di turno, e forse nel nostro mondo non potrà essere più così, la rivoluzione è e non può essere altra che culturale, un modo di cambiare gli uomini, i cittadini in meglio nei rapporti con i propri simili. Non mi pare che la politica oggi giochi questo ruolo, non mi sembra che questo avvenga nella nostra città e per questo anche coloro che vorrebbero essere parte attiva nella costruzione di una città diversa, sentendosi ufo, o tacciono, o si adeguano alla massa, o vanno a vivere altrove.

 

La politica è diventata qualcosa a sé, un mondo sospeso per aria dove siedono gli onnipresenti che tengono a bada il popolo che ogni tanto fa qualche domanda. La sfiducia, la lontananza, il disinteresse di tanti dipende da questo sentirsi fuori gioco e avvertire distanti, ormai perfino irrilevanti, parole come stato, parlamento, cosa pubblica, ancor di più sindaco, consiglio comunale, municipio. I rinunciatari formano quella grande massa che Benedetto Croce chiamava “il partito dei senza partito” e Dante Alighieri descriveva come la grande massa ondeggiante. 



Vedremo quanti andranno a votare a giugno, proveremo a capire a che punto stanno la democrazia e la libertà nella nostra città, ma comunque chiunque sarà sindaco di Napoli dovrà farne riflessione onesta perché non basta essere sindaco per governare, c’è bisogno del partito dei senza partito, della gran parte dei cittadini. 

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