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E’ a New York, come da anni in settembre, per l’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazoni Unite. Lo abbiamo incontrato sul terrazzo coperto di uno dei tanti alberghi che sorgono sul lato est di Manhattan. Dove l’atmosfera decò si fonde con la New York di oggi, in un clima domenicale, tra la voluta lentezza di un brunch e la costante vibrante sensazione di una città che cammina. Nonostante la crisi economica che rinnova anche qui incertezze, come in tutto il mondo.
Parlare con l’on. Vincenzo Scotti, Sottosegretario agli Affari Esteri – un uomo che ha dedicato la sua vita alla politica, di ieri, di oggi – è come aprire un libro sulla storia d’Italia e, in questo caso, sulla sua politica estera. Se si riesce ad ‘intrappolarlo’ per un pò di tempo è impossibile non lasciarsi tentare dall’interrogarlo su capitoli interi di questo libro. E lui risponde in maniera limpida, quasi distaccata, super partes.
La biografia di Scotti parla da sola, un intreccio tra importanti incarichi politici e un’intensa attività accademica. E’ stato un leader di primo piano della Democrazia Cristiana, ha diretto diversi dicasteri, dagli Interni agli Esteri, dal Lavoro ai Beni Cultuali e altri. Tra i capi di governo con cui ha lavorato figurano i grandi nomi della prima repubblica: Andreotti, Cossiga, Forlani, Spadolini, Amato.
E da New York non si può non menzionare che ha fondato, tra l’altro, in collaborazione con il compianto giudice Giovanni Falcone e l’allora procuratore americano Rudolph Giuliani, la DIA (Direzione Investigativa Antimafia), importantissima per la lotta alla mafia internazionale.
Sul fronte accademico ha insegnato alla Luiss, ed è stato visiting Professor all’Università di Malta, di cui ha fondato la filiale italiana, che presiede tuttoggi a Roma. E’ presidente del Consiglio di Gestione della Fondazione Link Campus University.
Noi lo incontriamo, in una giornata dai colori quasi autunnali, mentre è appunto a New York per l’Assemblea Generale dell’ONU, ma anche per presenziare ad altri eventi collaterali tra cui uno a cui tiene in maniera particolare.
Si tratta del Simposio alla Casa italiana Zerilli-Marimò intitolato: “Two Mediterranean Statesmen at the helm of the UN: Amintore Fanfani and Guido de Marco.” Ce lo comincia a raccontare così.
“Sta per concludersi l’anno del centenario di Amintore Fanfani. Al Ministero degli Esteri, nel corso di un seminario di studi su di lui e la politica estera italiana, è sorta l’idea di esaminare un aspetto particolare della sua attività, che anche i ricercatori conoscono poco. Si tratta del periodo in cui è stato presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (1965-66). Così, con il sostegno della Fondazione Fanfani, abbiamo deciso di approfondire questo aspetto e di collegarlo anche all’attività ad un altro leader, diciamo così “democristiano”: Guido de Marco, ex Ministro degli Esteri ed ex Presidente della Ropubblica di Malta, che fu a sua volta Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU in un periodo successivo (1990-91). Ed è importante che entrambi venissero dall’area euro-mediterranea…”
Ci sono molte affinità culturali e politiche tra i due. Entrambi presiedettero l’Assemblea in periodi in cui la tendenza era quella di non far emergere il ruolo delle Nazioni Unite: l’uno nel cuore, l’altro verso la fine dell’ “era bipolare” quando la conduzione del mondo era condizionata da due stati che avevano il controllo e la conduzione delle intese, degli scontri e dei possibili equilibri. Nella politica estera italiana invece, emergeva la necessità di sottolineare il ruolo dell’ONU, di premere perchè il tema del coinvoglimento delle Nazioni Unite diventasse centrale.
“Ci siamo detti quindi – prosegue il sottosegretario – perchè non fare un seminario per approfondire questi temi e parlare anche del tema Mediterraneo cruciale per entrambi gli uomini politici?
Da Amintore Fanfani a Guido de Marco—il Presidente maltese di origine italiana—forse meno conosciuto al grande pubblico, ma non meno importante.
“Venticinque anni dopo la presidenza di Fanfani arriva quella di de Marco. E c’è una continuità importante tra i due statisti. Entrambi sollecitarono una riflessione sul metodo di lavoro alle Nazioni Unite, sul problema della trasparenza, della corresponsabilità, della democrazia al suo interno. Si avvertiva l’esigenza di uscire dall’impostazione sorta nel 1946, quando i Paesi vincitori della seconda guerra mondiale si riservarono il diritto di veto. Questa è ormai un’anomalia per un organismo che si dice universale. Pensi ad esempio al fatto che oggi l’Unione Africana non sia rappresentata nel Consiglio di Sicurezza, nonostante più del 60 per cento delle questioni che il Consiglio affronta la riguardino... Occorre una compatercipazione ampia per dare voce a tutti. E non è un caso che proprio con Fanfani per la prima volta un Papa venne a parlare all’ONU, facendo un discorso in linea con la necessità di porre al centro le Nazioni Unite come garanzia di pace.
Il fatto è che già ai tempi di Fanfani la nostra politica estera prefigurava in un certo senso un mondo multipolare, come poi si è concretizzato con la fine della Guerra Fredda. Nella visione di Fanfani – e anche de Marco – le Nazioni Unite dovevano essere non solo un foro importante di discussione democratica, ma anche ul luogo centrale di decisione politica.”
Questo simposio si svolge dunque in un momento in cui è più che mai viva una discussione sulla riforma della Nazioni Unite. E non a caso guarda a questi temi dall’Europa, anzi dall’area Euro-mediterranea…
“Nella creazione dell’Unione Europea, troviamo una grande intuizione per il futuro. In fondo l’UE anticipa una tendenza di oggi. Il processo decisionale alle Nazioni Unite non può passare da due soggetti dominanti a 190 soggetti tutti uguali. Bisogna tovare un’architettura globale diversa, che si basi su esperienze nuove di governo delle gramdi ‘regioni’ del mondo. Non è immaginabile che modelli tradizionali siano perenni: stato federale o stato nazionale. Come con l’Unione Europea, qualcosa di nuovo sta prendendo progressivamente corpo, che accelera o decelera a seconda delle volontà politiche.”
Gli chiediamo di tracciare nel modo più semplice possibile i capisaldi della riforma dell’ONU che si auspica …
“Primo. Bisogna affrontare il problema di rappresentatività. Il Consiglio di sicurezza, che è il cuore delle Nazioni Unite, e l’Assemblea Generale, devono riflettere l’universalità. Ci vuole una presenza articolata al suo interno.
Secondo, occorre democrazia. Ovvero elezioni e non seggi permanenti. Un sistema che consenta una presenza alternata di tutti nel Consiglio.
Terzo, vanno trovati metodi di lavoro più trasparenti e partecipativi. Qui si pone il tema delle rappresentanze, non in nome di uno Stato Nazionale ma di una Regione, con presenze a rotazione. L’Unione Africana ha avanzato in qualche misura questa ipotesi. Anche l’Europa deve muoversi così. Non è comprensibile che mentre io sto lavorando perchè l’Europa abbia uno status particolare alle Nazioni Unite, nel contempo chiedo un seggio permanente in più per la Germania.
Quarto, va risolto il problema di accountability, della verifica delle decisioni e della loro applicazione. Tante decisioni poi restano inapplicate e occorrono meccanismi che le rendano più efficaci. Basta pensare alle tante crisi di questi anni… ai Balcani ad esempio, per vedere il limite delle capacità dell’ONU.”
La riflessione che proponete nel simposio su Fanfani e de Marco riguarda anche il fatto che entrambi questi presidenti venivano dalla regione mediterranea. E il Mediterrano va acquistando sempre maggiore centralità nela politica internazionae…
“Nel Mediterraneo le Nazioni Unite hanno un grande sfida. Quella che forse con un po’ di entusiasmo chiamiamo ‘Primavera Mediterranea’. Occorre evitare che ciascun Paese si metta in corsa per accrescere i propri spazi. Ci vuole invece uno sforzo unitario anche in termini di sostegno, di aiuto nello state-building, nella costruzione di statualità. Non di imposizione dall’esterno, ma di sostegno con un pieno riconoscimento delle individualità.
E al centro dei problemi dell’area rimane sempre naturalmente la questione palestinese—e qui riemerge la questione del ruolo delle Nazioni Unite. E’ stato importante che questa Assemblea Generale—al di la’ delle valutazioni che ognuno può fare—abbia ripreso in mano in qualche misura il tema della trattativa di pace. E’ una fida grossa. Bene o male nella situazione presente c’è anche una corresponsabilità delle Nazioni Unite a cui non ci si può sottrarre… “
E Mediterrano oggi vuol dire anche bacino di ampie migrazioni…
“Certo. E proprio a questo riguardo abbiamo avanzato un insieme di proposte, riflessioni, iniziative sul tema della ‘nuova città’ interetnica ed interculturale, come simbolo della necessità di convivere in pace. Non bisogna giustapporre una cultura all’altra, ma favorire il dialogo tra esse. E costruire le città in funzione di un processo di integrazione è fondamentale. Perchè le città oggi sono concepite e gestite più per la separazione e la violenza, che per l’integrazione ed il dialogo. Stiamo lavorando per preparare una risoluzione che riaffermi, tra i diritti umani, quello alla città—alla piena cittadinanza. E la pienezza dei diritti di cittadinanza si può avere solo costruendo una città di dialogo e di convivenza pacifica.”
Nel corso della conversazione sono affiorati diversi ricordi su Amintore Fanfani. Ci piace concludere con questo, che riteniamo particolarmente efficace ed attuale:
“Era il 1979, io ero Ministro del lavoro e Fanfani Presidente del Senato. Una mattina era prevista una discussione in aula su un provvedimento del Ministero del Lavoro.
Io ero stato in trattative con i sindacati tutta la notte, non ricordo su cosa, e chiesi al mio sottosegretario di andare prima di me. Lo avrei ragginto appena possibile, con qualche minuto di ritardo, una volta chiuso l’accordo.
La discussione era alle 10. Io arrrivai alle 10.15 ma trovai che la seduta era stata annullata dal Presidente del Senato. Fanfani aveva già scritto una lettera al Presidente del Consiglio chiedendo che io andassi in aula e chiedere scusa al Senato per il ritardo. Non era immaginabile che un ministro si comportasse così nei confronti di un ramo del Parlamento. Il Parlamento era il centro del sistema isituzionale italiano e non c’era impegno possible di un ministro che lo superasse. E quando riaprì la seduta mi disse in aula: ‘questo le sia di monito e di insegnamento. Le istituzioni vanno rispettate fino in fondo. Il Governo ha un dovere prioritario verso il parlamento.’ Non si trattava di formalismo, c’era una sostanza molto forte. Le istituzioni si fanno rispettare solo se sono capaci di dare e mostrare un’immagine severa e forte di se stesse”.
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September 26, 2011 (02:45 PM ) @ Casa Italiana Zerilli-Marimò (NYU)
Symposium: TWO MEDITERRANEAN STATESMEN AT THE HELM OF THE UN: AMINTORE FANFANI AND GUIDO DE MARCO
In collaboration with the Italian and Maltese Ministry of Foreign Affairs
I Session – Welcoming Remarks
Cesare Maria RAGAGLINI – Ambassador, Permanent Representative of ITALY to the United Nations
Tonio BORG- Deputy Prime Minister and Minister for Foreign Affairs of MALTA
Saviour F. BORG - Ambassador, Permanent Representative of MALTA to the United Nations
Vincenzo SCOTTI – Minister of State for Foreign Affairs
II Session – Guido De Marco
Tonio BORG – Deputy Prime Minister and Minister of Foreign Affairs of MALTA: “A Man for all Reasons”
Joseph CASSAR – Ambassador of MALTA to the People’s Republic of China: “Guido De Marco: Freedom first and foremost”
Salvino BUSUTTIL – Former Ambassador and President of the Fondation de Malte: “Guido De Marco: The International Environmentalist”
III Session – Amintore Fanfani
Franco CIAVATTINI – Centro Studi Fanfani - President
Camillo BREZZI – University of Siena: “Amintore Fanfani, Minister for Foreign Affairs of Italy and His Presidency of the XX United Nations General Assembly”
Umberto GENTILONI SILVERI – University of Teramo: “Fanfani's Term at the United Nations in the Eyes of the American Administration”
Piero ROGGI – University of Florence: “Amintore Fanfani at the United Nations: An Economist's Outlook on the World”
IV Session – Conclusions
Riccardo Nencini (Commissioner of the Region of Tuscany)
Lamberto Cardia (Fanfani Foundation of Rome)
Vincenzo Scotti - Conclusions