A Palermo una “scorta civica” per il pm Ingroia e gli altri magistrati antimafia come Di Matteo e Lari
Una “scorta civica per il giudice Antonio Ingroia” e per i magistrati antimafia come Nino Di Matteo e Sergio Lari che a Palermo e a Caltanissetta indagano sui “patti segreti” tra mafiosi e pezzi deviati dello Stato.
L’iniziativa di un gruppo di cittadini di Palermo arriva dopo le ultime, pesantissime intimidazioni ai procuratori antimafia che conducono le delicate inchieste sulle stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e sulle complicità di cui hanno goduto i sicari di Cosa nostra nei più recenti misteri siciliani. Così, a Palermo, un gruppo di professionisti ha fondato un Comitato che ora esce allo scoperto: obiettivo dichiarato, difendere non solo dal punto di vista militare i magistrati antimafia, Ingroia in testa.
L’ultimo episodio noto di questa strategia che mira a intimidire chi indaga e chi sta rivelando i segreti di cui è a conoscenza è di pochi giorni fa: una lettera fatta trovare a Bologna a Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco Dc condannato per mafia. Ciancimino junior sta collaborando con i magistrati antimafia nel processo per la mancata cattura di Bernardo Provenzano e che vede imputati il generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu (allora ai vertici del Raggruppamento operativo speciale dell’Arma). Il figlio del sindaco del “sacco di Palermo” sta anche svelando i retroscena dei rapporti intrattenuti dal padre con i capimafia Totò Riina e Bernardo Provenzano (allora latitanti) e con ufficiali dei carabinieri o dei servizi segreti. L’obiettivo di questa “trattativa”: fermare le stragi del ’92 e del ’93 che hanno insanguinato la Sicilia, ma anche Roma, Milano e Firenze e garantire una sorta di controllo parallelo sulle attività della mafia (ricostruzione smentita dagli ufficiali dei carabinieri che parlano invece di indagini volte solo alla cattura dei boss).
Nella lettera inviata a Ciancimino (l’ennesima intimidazione diretta al figlio dell’ex sindaco) erano acclusi proiettili di mitra kalashnikov e frasi inquietanti come questa: “Le assicuro che banali ed elementari tecniche di tutela civile a protezione di questi soggetti (i magistrati, ndr) non costituiscono alcun ostacolo ai nostri scopi…”.
Da qui - oltre al lavoro di protezione che squadre di poliziotti, carabinieri e finanzieri assicurano ai magistrati- l’idea di una “scorta civica”: “Il nostro ruolo sarà cercare di far capire alla "società civile" che siamo in un momento delicato e dobbiamo fare la nostra parte per garantire l'incolumità ai magistrati antimafia" racconta Lidia Undiemi, 31 anni, ricercatrice precaria all'università di Palermo, laurea in Economia con dottorato in Diritto dell’economia dei trasporti e dell'ambiente, fra le promotrici della “Scorta civica per il giudice Antonio Ingroia e gli altri magistrati antimafia di Palermo”.
"Un'iniziativa che sbarca qui a Palermo dove il clima si fa sempre più rovente", aggiunge Bruno Testa: "Organizzeremo manifestazioni, sit-in, seminari e incontri con gli studenti per lanciare un preciso messaggio: noi stiamo dalla parte dei giudici onesti e siamo contro chi li attacca, con le parole o con i fatti”. Testa, maresciallo in servizio in un istituto privato di vigilanza e ufficiale in congedo della Croce Rossa, è stato in missione in Iraq dal 31 marzo al 15 maggio 2004 nella segreteria sanitaria del Medical City hospital di Baghdad e in Sri Lanka dopo la devastazione dello tsunami del dicembre 2004. Ora aggiunge: “Saremo anche pronti a replicare a quei politici che non perdono occasione per lanciare ingiurie alle toghe".
La prima "scorta civica" è nata a Caltanissetta il 23 gennaio scorso dopo la notizia del fallito attentato al gip Giovanbattista Tona: in migliaia sono scesi in piazza per dare solidarietà a Tona e ai magistrati della procura antimafia che stanno indagando sui mandanti esterni alle stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino del 1992. "Avevo conosciuto il giudice Tona durante alcuni convegni dedicati ai problemi giuridici legati al lavoro" spiega la Undiemi. "Così, quando ho saputo che la mafia voleva ucciderlo con un'autobomba, insieme ad altri amici ci siamo mobilitati per non farlo sentire solo".
Il terzo promotore del Comitato è Giacomo Bellomare, analista programmatore informatico disoccupato dal 2005, 50 anni, sposato, due figli: “Ho lavorato per vent’anni nel settore informatico per aziende private che operavano per conto del ministero della Giustizia. Cinque anni fa sono stato licenziato perché l'azienda ha dovuto ridurre il proprio personale che si occupava dell'assistenza ai magistrati del Distretto di Palermo".
La Undiemi aveva 17 anni quando nel ’92 sono stati uccisi Falcone e Borsellino: “Pensavo che le stragi di Capaci e via D'Amelio avrebbero decretato la fine della mafia. Mi sbagliavo." Il giorno del compleanno del procuratore aggiunto Ingroia, con gli altri promotori della "scorta civica", abbiamo preparato per lui una torta e una targa: “Al dottor Ingroia, per garantire libertà, legalità e giustizia. Noi, liberi cittadini, con voi contro la mafia. Mai più soli”.
i-Italy
Facebook
Google+