Louis Prima. " The Wildest" di McGlynn. Jazz italiano irresistibile

Eleonora Mazzucchi (April 20, 2008)
Gli spettatori si sono trattenuti a malapena nella sala al Graduate School of Jornalism della CUNY, dove era in programma il 15 aprile il documentario su Louis Prima " The Wildest" del regista Don McGlynn, presentato da Joe Sciorra ed il Calandra Italian American Institute.


Già dai primi secondi della proiezione di "The Wildest", un documentario sul jazzista italoamericano Louis Prima del regista Don McGlynn, il pubblico si è messo a canticchiare e battere il ritmo della canzone in sottofondo. E poi il mitico Prima sullo schermo. volteggia, balla, canta all'unisono con Keely Smith, una delle sue più famose collaboratrici, il ritornello "I Ain't Got Nobody".  Lo fa sorridendo, supplicando umoristicamente Keely. La scena è in bianco e nero, e dietro di lui c'e il complesso musicale tipico di quegli anni, detto il "big band".  La musica, un po' jazz, un po' swing, è trascinante, fatta per ballare, e si coglie negli spettatori una grande tentazione di alzarsi dalle sedie.

Ma si sono trattenuti, a malapena. La sala al Graduate School of Jornalism della CUNY, dove era in programma il 15 aprile il documentario presentato da Joe Sciorra e il Calandra Institute, era piena. Per i curiosi e gli amanti di Louis Prima, non si poteva mancare la storia della sua carriera.. Louis Prima era un vero Don Giovanni, uno che nella sua vita aveva avuto cinque mogli, ma soprattutto era un uomo di grande carisma e di enorme talento musicale. Lo diranno  di lui tutti quelli che nel documentario gli sono sopravissuti.

Nato a New Orleans nel 1911 e cresciuto in un fertile ambiente musicale (da bambino osservava con ammirazione le funzioni "sacre gospel" delle chiese nere), aveva avuto un'istruzione musicale fondamentalmente jazz e nell'arco delle sue performances, oltre a cantare, suonava la tromba. Però - e qui sono d'accordo autori e personaggi intervistati nel film - Louis Prima è stato trascurato dagli storici jazz, forse perché, come notava un suo vecchio amico "Lui suonava per il popolo. Il suo obiettivo era di fare sorridere e ridere la gente". Non sarà stato, secondo gli studiosi di jazz, un purista, ma nella sua voce granulosa si sentiva  l'eco caratteristica  di un altro Louis di New Orleans: il grande Armstrong.

Come showman, Louis Prima aveva una forza energetica imbattibile. La sua celebrità era in gran parte dovuta - mettendo da parte l'accattivante qualità della sua musica - al suo atteggiamento sul palcoscenico. Descritto come "uomo selvaggio", intratteneva ascoltatori con gesti comici, movimento e ballo continuo, usando, spesso per contrasto ,una co-cantante che durante gli spettacoli rimaneva relativamente ferma, tranquilla come una bambola. Era questo il ruolo svolto sia da Keely Smith (con cui avrebbe condiviso il massimo della celebrità) che da Gia Maione, tutte e due diventate, a turno, mogli di Prima. Quanto a fascino, Prima era alle pari con Frank Sinatra, e secondo i suoi colleghi musicisti, faceva svenire altrettanto il pubblico femminile. Usufruiva anche lui dell'elemento italiano, però a differenza di Sinatra, più nella musica che nell'immagine pubblica. Alcune delle sue canzoni più famose erano ispirate dal mondo italiano in cui era cresciuto, fra i quali "Angelina" (1944) e la divertente "Please No Squeeza da Banana" (1945). Più tardi nella sua carriera, per sopravvivere alla nuova ondata musicale degli anni sessanta, avrebbe dovuto adottare ritmi rock ‘n roll.

Alla fine della proiezione di "The Wildest", dopo un'intervista di Anthony Tamburri, direttore del Calandra Institute, al produttore del film, Joe Lauro, si è capito chi era il suo pubblico. All'eccezione di qualche giovincello portato lì dai genitori, gli spettatori sembravano proprio dalla generazione di Louis Prima. Una signora dai capelli bianchi, commossa e eccitata, racconta: "Di nascosto ai nostri genitori,andavamo sempre all'Hotel Commodore per ascoltare Louis Prima. Avevamo anche un Louis Prima fan club!" E tutt'ora sempre le donne si levano agguerrite in sua difesa.  La stessa signora ha aggiunto, quasi come rimprovero: "Noi sì che lo consideravamo un musicista serio!".

(Pubblicato su Oggi7 del 20 aprile 2008)

(Approfondimento multimediale curato da Giovanna Landolfi)

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