Il 9 maggio si fa memoria del giorno in cui il francese Robert Schuman (1886-1963), uno dei padri fondatori della Comunità Europea insieme all’italiano Alcide De Gasperi (1881-1954), al tedesco KonradAdenauer (1876-1967) e al belga Paul-Henry Spaak (1899-1972), presentò il piano di cooperazione economica ideato da Jean Monnet (1888-1979) ed esposto nella “Dichiarazione Schuman’’.
Ricordando quella epocale data, c’è da chiedersi: dove sta andando quell’Occidente di cui il nostro continente è il nucleo storico e il fulcro culturale? Possiamo credere che l’idea stessa di Europa potrà continuare ad esistere, in questa “modernità liquida”, caratterizzata dal rifiuto di ogni assoluto morale, avulsa dalle sue radici cristiane? Può affermarsi una patria comune, dall’Atlantico agli Urali, sulla base del solo interesse economico, ammesso che ci sia?
Sono queste, a parere di chi scrive, le domande che chi non ha rinunciato a pensare dovrebbe porsi in occasione del rinnovo del Parlamento Europeo. Papa Francesco, recentemente, ha richiamato il concetto che alla base dell’idea di Europa non possa non esserci la figura e la responsabilità della persona umana «col suo fermento di fraternità evangelica».
Un primo elemento di riflessione attiene all’idea che dobbiamo avere dell’uomo e della sua dignità. Ci sono diritti umani che, come ha illustrato la migliore tradizione liberale, da John Locke (1632-1704) a Benjamin Constant (1767-1830), sono valori destinati per loro natura a precedere qualsiasi giurisdizione statale. Si tratta di diritti che attengono all’essenza stessa della persona umana, che non possono essere creati dal legislatore, ma che vengono prima di ogni decisione politica: la legge non può entrare in tutto.
Per il cristiano, poi, e per il credente in generale, ci sono valori che rinviano direttamente al Creatore. Sotto questo aspetto, ci sono pericoli vecchi e nuovi, e nessun interesse elettorale né cedimento alla cultura dominante potrà mai offuscare l’impegno a favore di diritti da considerare inviolabili. Sono ancora vivi, nella coscienza comune, gli orrori del nazismo e della sua dottrina razzista. Ma nella realtà odierna, solo per fare un esempio, quante possibilità di manipolazioni genetiche si intravedono, spesso giustificate con finalità all’apparenza buone?
Un secondo impegno dei cristiani che saranno impegnati nello scenario europeo non può non essere quello a favore della tutela della famiglia, cellula fondamentale di una società sempre più alla deriva, quella famiglia che in tutti questi anni, almeno ancora in Italia, ha supplito spesso alle deficienze di un’assistenza sociale che non sempre è attenta ai veri bisogni.
Costruire l’Europa o, più realisticamente, riprendere il cammino dell’unità politica del nostro continente, vuol dire non rinunciare alla propria identità culturale che è, a ben riflettere, condizione dell’accoglienza del diverso su basi di vera umanità. Senza una chiara coscienza di sé e delle proprie radici, ogni solidarietà è destinata a diventare lettera morta.
La sola economia, oltretutto declinata nella esclusiva dimensione finanziaria, non è sufficiente ad accompagnare un credibile processo politico unitario del nostro continente. Abbiamo dimenticato, o fatto finta di non capire, le grandi lezioni del Novecento, ultima quella dell’epocale fallimento di un sistema politico, il comunismo, che, manifestatosi sul terreno dell’economia, ha avuto in una visione distorta dell’uomo la sua autentica profonda motivazione. L’Europa, questo gigante malato, reclama un supplemento d’anima, non una stanca campagna elettorale.
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