A PERDERE E' STATO (ANCHE) LO STILE
Non ho sentito nessuno parlare dell'assoluta mancanza di stile ed eleganza sul red carpet. Io, una passerella di abiti così brutti, non l'avevo ancora vista. Hanno trionfato coprispalle che sembravano tabarrine della nonna (Sarah Paulson)’ addirittura in versione mantella cardinalizia in latex (Rachel Weisz) - abiti-bomboniera da prima comunione (Kacey Musgraves) e fiocchi enormi mono-spalla che manco negli anni Ottanta si sarebbero visti (Angela Bassett). Nella migliore delle ipotesi, le divine sul palco indossavano abiti "just ok", senza infamia e senza lode, banalità allo stato puro (Julia Roberts=. Tra gli uomini andava molto il total black del tuxedo, compresa la camicia, nera,... bah, noioso. Meglio Spike Lee con il suo completo viola coordinato con gli occhiali, grande esempio di "lo stile lo faccio io" e gli è venuta bene.
MA L'ENORME UTERO?
La scenografia non era da meno. Orrenda. Un enorme utero con reminiscenze anni Settanta.
EDIZIONE POLITICALLY CORRECT
Dopo le edizioni contro la presenza imperante della Hollywood bianca (#OscarSoWhite) e quella pro #metoo, è andato in scena uno show molto conservatore, con premi "storici" che talvolta sembrano contentini per categorie che ovviamente non si possono più ignorare. Cerchiamo di essere positivi e interpretiamolo come un passo verso la giusta direzione, ma non venitemi a parlare di "edizione storica".
POLITICALLY CORRECT SENZA POLITICA
A parte Spike Lee, l'unico a fare un vero discorso con valore politico, per lo più tutti si sono limitati a ringraziare la moglie, la mamma, la nonna... guardandosi bene dal menzionare argomenti scottanti. Anche l'intervento in spagnolo di Javier Bardem non ha avuto chissà che impatto (freddi applausi, forse nessuno lo ha capito).
I PREMI
In una serata di Oscar molto politically correct non poteva che vincere un film di buoni sentimenti e intenzioni come "Green Book". L'ho visto e mi e' piaciuto, ma non è un capolavoro. E' molto prevedibile e pieno di cliché nella narrazione. A renderlo speciale sono le interpretazioni magistrali dei due protagonisti, non solo Mahershala Ali che ha vinto il suo secondo Oscar ma anche Viggo Mortensen, incredibile nel ruolo dell’italo-americano Tony Vallelonga (ma ahimè nessun Oscar per lui).
Faccio notare agli italiani che benché Rami Malek, vincitore come Miglior Attore, abbia entrambi i genitori egiziani, qui nessuno ha detto che ha vinto un egiziano.
Ho apprezzato il fatto che nel suo pirotecnico intervento, uno dei rari momenti vivaci della serata, Olivia Colman abbia riconosciuto il valore di Glenn Close che purtroppo ha mancato il settimo Oscar della sua carriera. E lei è una che se lo merita.
IL PICCO DELLA SERATA
Rendiamo grazie alla superba Lady Gaga che dopo aver vinto il premio per la Miglior Canzone si è messa al piano con Bradley Cooper risvegliandomi per un attimo dal torpore della serata.
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