Senza saperlo la redazione di i-Italy aveva sentito parlare di lui ancora prima di conoscerlo. Una redattrice pochi giorni prima era andata a fare la spesa nel nuovo megastore dedicato al cibo e alla tradizione culinaria italiana che Oscar Farinetti - con i partner Mario Batali, Joe e Lidia Bastianic - ha aperto sulla quinta strada di Manhattan. "Sono andata a fare la spesa da Eataly. Un impiegato molto gentile mi ha spiegato dove trovare i prodotti. Era gentilissimo e molto disponbile. Non succede spesso nei grossi store qui!” aveva detto.
Non sapevamo, allora, che si trattava Nicola Farinetti, giovanissimo store manager, uno dei figli di Oscar Farinetti, e che lo avremmo intervistato.
Così appena arriviamo Nicola e la nostra redattrice si riconoscono divertiti. E comincia subito una lunga chiacchierata mentre realizziamo un filmato con lui. Giriamo per tutto il negozio. Ci divertiamo, come sempre, per raccontare una storia. La storia di un giovane che viene a NYC per cominciare un’avventura americana tutta italiana. Quella di Eataly NY.
Quest'articolo rientra nella serie dedicata da i-Italy ai giovani italini alla conquista degli USA.
“I mio rapporto con NY al momento è abbastanza inesistente, tra casa e lavoro non riesco a dedicarmi tanto alla città. Sono qui da quattro/cinque mesi. Qualcosa ho visto, ma poco, certo ci sente subito a casa. E’ una città con tantissime opportunità, ma che non ti opprimono. Puoi decidere se viverle o no. Non è come in altre metropoli dove si deve necessariamente stare al passo.
Pensavo di avere un impatto forte con la città, invece è stato abbastanza semplice. New York di per se è abbastanza semplice. Ci si impiega un attimo a capire come funziona. E’ bella, poi per un italiano penso sia ancora più bella perchè, come dice Mario Batali: a NY ci sono due tipi di persone: gli italani e quelli che vorrebbero essere italiani.”
Dopo mesi di full immersion qui. Come ti trovi?
"Il mio rapporto con il negozio è veramente molto buono. Sto imparando tante cose. Posti così grandi ti danno la possibilità di trascorere tante ore, senza sentirti oppresso dalla struttura. Sto facendo tutto quello che è nel mio background di retail che viene da Eataly Italia. Sto cercando di imparare ciò che la ristorazione americana mi insegna. Cerchiamo di portare il prodotto italiano, il metodo di cucinare, allo stesso tempo però cerchiamo di imparare dall’organizzazione dei ristoranti americani. Dalle differenze che ci sono a NY. Grazie a Joe, Lidia Bastianic e Mario Batali, i nostri soci, sto apprendendo tantissime cose. Un modo completamente diverso di approccio al cliente, un modo diverso di servire. Ci sono aspettative, atteggiamenti diversi che hanno anche solo nel dirti grazie o nel lamentarsi."
Dunque ti trovi bene?
“Siamo ormai più di quattrocento persone. Siamo qui tutto il giorno fino a sera tardi. Sempre in moto, il mio inglese sta migliorando, sto imparando anche lo spagnolo. Qui lo spagnolo, soprattutto per la cucina. è una lingua imporante. Mi molto bene, penso che il negozio sia la parte più divertente della mia giornata al momento.”
Quanto è difficile il tuo lavoro?
“Non sono da solo, ho dei grandissimi soci americani che mi dannno una mano nelle grandi decisioni che sono quelle che spaventano tanto. Ho sempre pensato che nella vita non bisogna essere delle persone grandissime per riuscire nelle cose. Il trucco è essere concentrati al cento per cento, sapere quale è il focus. Se bisogna risolvere un problema prima o poi ti arriva la soluzione. Anche se non ti muovi proprio nel tuo campo e non hai veramenete esperienza. Tutto dipende da quanto impegno una persona ci mette.
Mi racconti la tua giornata tipo?
“Speglia presto. Tra le 6 e le 8 del mattino. Quello che faccio di più e girovagare per il negozio, guardare i prezzi, il prodotto nuovo, come lo abbiamo esposto, come lo abbiamo comunicato e risolvere tutti i problemi che sono alla base. Grandi e piccoli, come ad esempio trovare il metodo migliore per emettere tutte le buste paga a fine settimana in meno tempo possibile senza fare errori. Decidere subito quali software ci piacciono e quali utilizzare. Adesso per esempio siamo vicini al Natale. Dobbiamo scegliere scatole e prodotti da utilizzare. Capire il tempo che impiegano ad arrivare. Decidere quali occasioni vogliamo prendere e quali non prendere. Potremmo non avere tempo e forze necessarie per portale a termine ben fatte e potremmo rovinarci un mercato. Dobbiamo scegliere e aspettare di avere un cliente che magari tra sei mesi potremo curare meglio.
Nel negozio quindi lavoro a contatto diretto con tutti i manager, non ho un ufficio. Siamo 'persone da floor', faccio e ricevo email continuamente sul telefono che non sopporto ma in America sei obbligato. La gente invece di parlarti ti manda un email, sms”
Essere italiano qui ti facilita o complica la vita?
“Essere italiano in negozio, come in città, è molto semplice. L’importante, come in tutte le società, è portar rispetto per le differenze.
Nel negozio poi i clienti hanno proprio voglia di parlare con i ragazzi italiani, la domanda più frequente è: ‘come lo utilizzate?'. Da una caffettiera fino ad arrivare ad un pomodoro e se la risposta arriva in un inglese che non è proprio un inglese perfetto o con un accento italiano è anche meglio. E’ facile, soprattutto ad Eataly. Essere italiano è più facile"
Cosa avete fatto a spiegare il concetto di Eataly qui?
“Abbiamo cercato i migliori capi di tutti i settori e abbiamo realizzato una formazione sul territorio. Sono andati in Italia due mesi prima. Hanno avuto due mesi di formazione nel nostro negozio con i nostri ragazzi, con i traduttori. Dopo sono tornati qui con i nostri manager dei rispettivi reparti, per circa un altro mese. Formare bene il personale è quello che conta. Poi lavoriamo insieme molto sulla cartellonistica nel negozio, diciamo a loro di leggere i nostri cartelli per spiegarli bene ai clienti.”
Mi racconti quache curiosità? Nel corso del tuo lavoro qui..
“Cose divertenti ne son successe. Una accade tutti i giorni. Abbiamo un banco del pane stile italiano con una persona per servire. Ma qui sono talmente abituati al self-service che spesso capita che lo prendino da soli. E arrivano alla cassa senza un ticket!
Quello che è molto divertente è che i clienti americani spesso si appassionano, imparano e poi vengono qui a chiedere di prodotti di cui noi non conosciamo l'esistenza. Che magari provengono da paesi sperduti o che hanno un nome regionale diverso”
Nel cassetto un progetto a cui tieni tantissimo. E’ in fase di costruzione e verrà inaugurata nel prossimo anno una birreria qui. Mi racconti di cosa si tratta?
“A questo progetto sono legato da un punto di vista sentimentale. E’ una cosa nella quale credo molto e mi appassiona perchè è il primo reparto con il quale ho iniziato a Torino. Ho cominciato facendo il cameriere. La birra è una mia grande passione, mi ci sono buttato dentro, mi ci sono dedicato molto, ho conosciuto molta gente nel campo. Abbiamo iniziato a lavorare con il birrificio piemontese ma la birra artigianale sta prendendo piede anche negli USA. Abbiamo conosciuto qui Sam Calagione, proprietario di una delle più importanti birrerie artiginali.
Faremo la birreria più alta degli Stati Uniti, al sedicesimo piano, sarà un open beer garden. Birra al 100% italoamericana fatta in America, ospiteremo altri italoamericani che vengono a fare la birra con noi. Birre italiane e amaricane alla spina, per divertirsi un pò. E anche un ristorante aperto tutto il giorno.”
Descrivi Eataly in poche parole a chi non è ancora venuto?
“Quello che piace molto sono le aree tutte apparentemente seperate ma in realtà tutte nello stesso posto.
Due o tre punti sono fondamentali. Il primo è un luogo dove un cliente possa avere tre esperienze allo stesso tempo e nello stesso spazio: comprare, mangiare e imparare. Quindi la parte di retail/mercato per comprare, la ristorazione per mangiare e la parte di educazione, i vari corsi che facciamo come degustazione di vini e formaggi. Un altro punto fondamentale e cercare di creare un luogo che sfrutti le regole base del mercato del retail con prodotti di alta qualità. Quindi da un lato sfruttare l'informalità dei grandi supermercati, la musica non pretenziosa per presentare un prodotto esposto in maniera massiva che la gente puè comprare, per portare i grandi ma anche piccoli produttori.
Nella ristorazione qui importante è la semplicità, possibilmente legata a qualche concetto regionale e ad una cucina mediteranea. Per pesce il concetto cambia in maniera particolare perchè noi non importiamo cibo fresco, dunque usiamo pesce americano, lo scegliamo sul territorio e lo cuciniamo all'italiana, esaltato dalla qualità del prodotto e non da salsae o contorni. Per le verdure, abbiamo una varietà di scelta tra le varie insalate in un mercato. La gente vuole mangiare “leggero” perchè vegan o vegetariano.
Poi ci sono Manzo e Rosso Pomodoro. I bar perchè il caffe' è una cosa della quale gli italiani son molto orgogliosi e dunque è giusto offrirla. Per la pasticceria facciamo un discorso diverso, regionale, di qualità, molto attento alle intolleranze, dunque con prodotti senza latte e con ingredienti alternativi. Per i vini abbiamo una cantina molto vasta con prezzi per tutti...”
Si sente, mentre parla, grande competenza, desiderio di ricercare e scoprire le novità, entusiasmo. Potrebbe continuare a lungo senza portare l'interlucutore a distrazione. Siamo convinti che uno dei segreti di un'operazione commerciale come quella di Eataly, è sicuramente anche nella semplice disponibilità di giovani come Nicola Farinetti. Giovani che parlano ad altri giovani, ne conoscono le esigenze pur rispettando la tradizione e si rimboccano le maniche per lavorare in una azienda familiare che crede in quello che fa. E tutto questo è ancora molto italiano.
Source URL: http://ftp.iitaly.org/magazine/article/ad-eataly-essere-italiano-e-piu-facile
Links
[1] http://ftp.iitaly.org/files/i-italy-incontra-nicola-farinetti-eataly-ny