Oggi è il giorno più lungo nella nostra illusoria lettura delle stagioni.
Inizia l’estate, tempo di raccolti, e ancora di più inizierà nella notte di San Giovanni (“Lui deve crescere, io diminuire”, mormora nel Vangelo l’eremita), con la memoria dei fuochi della nostra infanzia.
Vorremmo che questa estate si fondesse con la primavera, con la sorgente (spring), con la rinascita. Cerchiamo allora, in mezzo alla notte, i segni della sconfitta del buio. Segni reali, non la propaganda della riapertura monca e part-time di un centro storico ferito, non i proclami dei “grandi sciacalli” che indicano un orizzonte che non c’è. Segni reali, come l’imbarazzo finalmente autentico di Gianni Letta di fronte agli occhi della sua gente, cui non sa cosa dire.
Cominciamo da due leggende metropolitane che illuminano due umili eroi del nostro tempo quotidiano: non superuomini, non potenti signori, ma un bambino e un custode, testimoni viventi di quello che gli psicologi chiamano “resilienza”: accogliere il dolore, comprendere la sorte, non opporsi ciecamente, non lasciarsi schiacciare, stare lì. E andare avanti.
Il bambino ha interrotto i discorsi nebbiosi del Ministro della Difesa venuto a pavoneggiarsi in una piccola e disagiata scuola di campagna che voleva riprendere a vivere. L’ingenua creatura (lasciate che i bambini vengano a me, oggi siamo evangelici), dopo aver alzato educatamente una mano, ha detto, più o meno, al grande uomo di turno: “Scusi sa, ma perché continua a parlare di cose che non capiamo? Noi vorremmo riprendere le nostre lezioni, le dispiace?” A noi, intendeva, interessa la vita vera.
Della storia del custode siamo testimoni diretti, non c’è filtro di favola o menzogna. Il custode non si è mai mosso dalla sua casa, al di là dei proclami di molti e dell’inerzia dei più. Così, semplicemente, continua a stare lì da quella notte, con il suo gatto, la storia della sua vita, la sua energia accuratamente celata sotto il sorriso dolceamaro.
Il giorno, aiuta i molti aquilani che conosce, li conforta, lui che ha perso molto, lui che deve ricominciare per l’ennesima volta, e lo farà, nella terra sua, accompagna nelle case devastate quelli che hanno paura, lui che la paura l’ha, in qualche modo, sottomessa.
La notte trova un prodigioso sonno, tra le mura non immobili. A noi che, preoccupati per la sua sorte, gli offrivamo alternative, ha detto solo: “Qualcuno deve fare il custode”, non della casa, s’intende, ma della città. Da lui ci sentiamo rappresentati, non dai giullari della televisione.
Sono nati fiori, perfino sui balconi semidiroccati, nell’abbandono del verde pubblico, ci sono foglie sugli alberi, crescono erbe.
I bambini ritrovano perdute meraviglie, nel rivedere i resti della “loro” città, giocano nella penombra, in attesa del nuovo sole. Nascono figli, altri sono in attesa.
Per questo, esistiamo ancora.
Sandro Cordeschi è nato e vive all’Aquila. Studi classici, laurea in giurisprudenza a Perugia, in lettere a Roma, Master of Arts in Canada (University of Alberta), Dottorato in Scienze Letterarie Roma 3, con Giorgio Melchiori. E’ docente di Filosofia e Storia al Liceo Scientifico ”Andrea Bafile” dell’Aquila. Numerose pubblicazioni di carattere letterario, storico, etnologico, geografico su riviste e in volume, molti interventi in conferenze e convegni in Italia, USA e Canada. Collaboratore esterno di Storia del Teatro (Università dell’Aquila, University of Miami), attualmente ha una collaborazione con la Georgetown University di Washington (Usa). Collaborazioni anche con l'Accademia dell'Immagine (L'Aquila). Socio Fondatore del LHASA – Laboratorio Autonomo di Studi Antropologici (www.lhasa.it [2]). Ha curato il progetto e la realizzazione di viaggi di ricerca in Canada, USA, Europa, Italia. Autore del volume "L'Occhio del Viandante (L'Aquila, 2008), è curatore, con David Adacher e Antonio Porto, del volume "Un popolo di visionari e poeti" (L'Aquila, 2009). Ha scritto la sceneggiatura di video di carattere storico-geografico.
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