‘Donna di ferro’ Italian Style

Maria Teresa Cometto (March 07, 2016)
Mi era apparsa un tipo determinato fin dal primo incontro nel settembre 2011. E cosi’ l’avevo descritta nell’intervista che le avevo fatto per “Grazia". In 4 anni a capo del Consolato di NY Natalia Quintavalle ha confermato quella prima impressione.

Era arrivata in un momento molto difficile per l’immagine dell’Italia in America. Nell’estate 2011 del nostro Paese si parlava per la sua crisi finanziaria e il rischio di uscire dall’euro oppure per gli scandali sessuali legati all’allora primo ministro Silvio Berlusconi. 

Sulla TV americana, specchio del sentire popolare, imperversava il reality show “Jersey Shore” con protagonisti i giovani “tamarri” italoamericani e per la serie di telefilm “Law & Order: special victims unit” era andato in onda un episodio in cui un (fittizio) console italiano a New York cercava di far scarcerare un importante politico italiano accusato di stupro. L’episodio era chiaramente ispirato alla vera vicenda del francese Dominique Strauss-Kahn, ed era significativo che gli autori TV avessero deciso invece di mettere alla gogna un italiano.

 “L’italiano macho e’ ancora vivo e vegeto nell’immaginario collettivo degli americani, ma non e’ più la realtà del nostro Paese. Dimostrarlo sara’ in cima alle mie priorità”, mi aveva detto Natalia. E lei, la prima donna a capo di un consolato italiano  cosi’ importante come quello newyorkese, c’e’ riuscita. “Natalia Quintavalle e’ il simbolo del nuovo ruolo delle donne italiane  che, come quelle italoamericane, ormai sono in grado di affrontare qualunque responsabilità”, ha detto di lei la più famosa italoamericana di New York, Matilda Cuomo, vedova del governatore Mario Cuomo (in carica dal 1983 al ’94, scomparso un anno fa) e mamma dell’attuale governatore Andrew.

Per una fortunata coincidenza, l’intero consolato sotto Natalia e’ stato “in rosa”, all’insegna delle donne: al suo arrivo due dei tre viceconsoli erano pure donne, Laura Aghilarre e Lucia Pasqualini; e ora altre due viceconsoli la stanno aiutando, Isabella Periotto e Chiara Saulle. Un enorme passo avanti rispetto a 25 anni fa quando Natalia comincio’ la sua carriera diplomatica. “Allora - mi ha spiegato - il mondo diplomatico era maschile, ma stava cominciando ad aprirsi e a diventare più interdisciplinare, con più attenzione, oltre che alla politica, anche all’economia. La mia materia preferita. Sono entrata in diplomazia proprio per occuparmi di relazioni economiche internazionali”.

L’impronta femminile Natalia l’ha subito data decidendo di dare “una bella rinfrescata” agli edifici su Park Avenue che ospitano il Consolato e l’Istituto di cultura (Ici), come lei stessa ha raccontato su i-Italy. Cosi’ con l’occhio della saggia padrona di casa ha lanciato il progetto “Apriamo il Consolato e facciamo entrare aria fresca!”: ha “spolverato e tirato a lucido” le due palazzine e vi ha organizzato la Festa della Repubblica dal 2 giugno 2012 in poi, con una formula tutta nuova che ha coinvolto nella sua organizzazione anche gli altri “pezzi” del Sistema Italia a New York - dall’Ici all’Ice (promozione commerciale) e all’Enit (promozione turistica) - e ha ottenuto il supporto di tutta la collettività italiana e italoamericana.

Ecco, una delle caratteristiche di Natalia e’ stata il capire che il patrimonio storico e culturale degli italoamericani a New York - oltre un milione di persone - e’ un asset da valorizzare e non da snobbare, come qualche suo predecessore ha avuto la tentazione di fare. E cosi’ e’ riuscita a coinvolgerli a favore di molte iniziative, la più importante delle quali forse e’ stata la campagna per inserire i sottotitoli in italiano sul display delle poltrone  alla Metropolitan Opera House: dalla stagione iniziata nel settembre 2012, tutte le opere italiane possono essere seguite anche nella loro lingua originale, oltre che in inglese, spagnolo e tedesco. Grande appassionata di opera lei stessa, Natalia ha ottenuto i fondi necessari per convincere il Met dalle maggiori associazioni italoamericane come la NIAF (National Italian American Foundation), la Columbus Citizen Foundation, l’OSIA (Order Sons of Italy in America) e la Noiaw (National Organization of Italian American Women) e da numerosi esponenti della comunità italoamericana come Steve Acunto, Frank Bisignano, Jason DeSena-Trennert, Frank Guarini, Joseph Perella, oltre che dalla griffe Dolce & Gabbana e da “newyorker italiani” di successo come Alberto Cribiore (top manager di Citi e Marshall dell’ultima Columbus Parade), Massimo Ferragamo e la scomparsa baronessa Mariuccia Zerilli-Marimo’.  

Far debuttare l’italiano nel tempio della lirica newyorkese e’ stato uno dei successi nella promozione della nostra lingua che sotto la guida di Natalia e con il contributo fondamentale dello IACE - l’Italian American Committee on Education, di cui e’ presidente Berardo Paradiso e, full disclosure, io sono vicepresidente - ha contribuito a ottenere il reinserimento dell’italiano fra le materie degli esami AP (Advance placement) nelle scuole medie superiori americane.

Attenta ai temi economici e con le antenne ritte a captare le nuove tendenze, Natalia e’ stata anche una supporter entusiasta dei giovani che dall’Italia vengono a New York per sviluppare le loro startup (nuove imprese innovative), avanguardie high-tech delle nuove generazioni di italiani che conquistano il successo nella Big Apple nei campi più diversi, dall’arte alla finanza, dalla moda all’industria.

Confesso di essere orgogliosa per aver stimolato Natalia a seguire questo fenomeno: in più occasioni lei ha citato il libro “Tech and the City”, che ho scritto con Alessandro Piol e pubblicato nel 2013, come la sua “bibbia” per navigare il nuovo mondo delle startup newyorkesi. Per questo mi ha chiesto nel maggio 2014 di organizzare il primo incontro al Consolato con i nuovi imprenditori italiani che hanno creato startup a New York, a cui ha partecipato anche la Presidente della Camera Laura Bordini per ascoltare le loro storie, i loro problemi e capire che cosa le autorità italiane possono fare per loro. E l’anno scorso  il sostegno di Natalia e’ stato fondamentale per realizzare la mostra “Make in Italy - 50 years of Italian breakthroughs from the first pc to the first space bound espresso machine”, che si e’ tenuta in novembre all’Istituto di cultura diretto da Giorgio van Straten per far conoscere l’aspetto meno noto delle eccellenze italiane, il nostro contributo al progresso tecnologico mondiale.

Natalia se ne va in aprile, dopo aver fatto gli onori di casa per la visita a New York del Presidente Sergio Mattarella, lasciando in eredita’ fra l’altro un bel programma di mentorship, messo a punto con l’aiuto delle sue colleghe Periotto e Saulle: “Meet the new Italians of New York”, una serie di incontri mensili dove chi ha ottenuto successo in un campo - dalla medicina alla musica, da Wall Street allo sport - da’ consigli ai giovani che iniziano la carriera nello stesso settore. 

Sara’ per me particolarmente difficile salutare Natalia alla sua partenza. Con lei condivido altre caratteristiche non secondarie: abbiamo la stessa eta’ (top secret!), siamo mamme di ragazze quasi coetanee (sua figlia Roberta ha 25 anni, la mia Francesca ne ha 23), amiamo le lunghe camminate in montagna (lei sulle Dolomiti, io sul Monte Rosa) e ci piacciono i cani (lei ha Zazie, io Sweety). Ma soprattutto we don’t take no for an answer. Ci mancherà la sua determinazione di ferro, “ammorbidita” solo dall’elegante look Made in Italy.

 

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