Articles by: Enzo Capua

  • Art & Culture

    ITALIAN JAZZ. The influence of John Coltrane


    As I write this article, I’m listening to John Coltrane. For those of you who don’t know who John Coltrane was, all I can say – briefly – is that he was one of the greatest saxophonists in the history of jazz, one of the true trailblazers in the evolution of that music. Coltrane played tenor and soprano saxophone, instruments that have affinities and differ- ences.


    That means that, while they have different sounds and shapes, they are nevertheless controlled by human breath. Among the many wind instruments out there, the saxophone is the one most commonly associated with jazz. They say it’s the lead instrument. Anyone in the music business knows perfectly well that’s not the case, that there are many other very important instruments out there, but we can set aside the jargon for now and follow the images and sounds that wash over us when we go see jazz played live.

    So, someone might ask, how is John Coltrane relevant to this article about Italian jazz? Well, let’s just say he’s very relevant. Why? Because when Italian jazz reached the end of its first mature phase, around the mid 1960s, in order to develop further it turned to two giants who, at that time, were like beacons lighting the way, warning of rocky shores: John Coltrane and Miles Davis.


    We’ll save Davis for another time, but the Coltrane beacon was an enormous help to Italian musicians who wanted to make important music, something serious to listen to, not just background or dance music. You might say that every saxophone player in Italy from then to now – every jazz musician in general – cannot ignore the lessons and innovative style of Coltrane. Lessons about freedom, about cutting loose, about predetermined connections and, above all, about real spirituality. In the end, his music turns into the kind of art that can help us achieve a less materialistic relation- ship with life. It helps us understand that not everything is made for consumption, that something can enter our souls and raise the stakes about what we should expect from our hearts and minds. Italians, who have this sensitivity to the human and elevated aspects of existence written in our DNA (except on the occasion when we forget about it...), could not ignore this beautiful, grand, serene lesson. And we welcomed it with open arms.

     
    Today our jazz has seen the fruit of his influence. I don’t want to name too many names and then have to apologize for forgetting others, but musicians like Francesco Cafiso, Max Ionata, Rosario Giuliani, Pietro Tonolo – if we stick to saxophonists – are the young Italians who have fully absorbed this spiritual lesson in jazz and have given it back to us with great artistry and profound beauty. Unfortunately, John Coltrane died young, at 40 years old, in 1967. But I’m sure that were he alive today, he would be proud of his Italian disciples.



  • Arte e Cultura

    Quel Jazz italiano che sta conquistando il mondo

    Per capire la forza e la velocità con cui il jazz italiano si è diffuso in America in questi ultimi anni basta cominciare con un paragone: fino a circa 10 o 15 anni fa nei maggiori negozi dischi a New York (e a quel tempo ce n’erano tanti) alla sezione jazz c’era un piccolo scaffale con sopra scritto “European Jazz”. Ciò vuol dire che lì solo si vendevano i dischi di tutto il jazz che arrivava dall’Europa.

     Oggi la situazione è drasticamente cambiata: il jazz proveniente da altri paesi si è così diffuso in America che molti artisti, almeno quelli più importanti, vengono considerati allo stesso modo di quelli che fanno parte integrante del jazz americano.

    Negli Stati Uniti dunque, si è cominciato a pensare che il jazz non è un’esclusività della cultura americana, ma è un linguaggio musicale che appartiene a tutti e quindi tutti possono usarlo e modificarlo seguendo le proprie caratteristiche culturali. Come mai è successo tutto ciò? La risposta da un lato è semplice, da un altro è più complessa. Prima di tutto bisogna dire che il livello di bravura e di creatività dei musicisti europei è cresciuto enormemente in questi anni; poi c’è stato l’impatto sempre più crescente dei mezzi di comunicazione che ha facilitato la velocità di diffusione delle notizie e del jazz che proviene da oltre Atlantico. E il jazz italiano come si colloca in questo processo di espansione? Nel migliore dei modi, direi.

    Il jazz in Italia ha avuto una fortissima crescita in questi ultimi venti anni: è vero che c’erano dei buoni musicisti anche prima, ma nessuno poteva mai sognarsi di avere la notorietà internazionale che oggi hanno Enrico Rava, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Enrico Pieranunzi, Danilo Rea, Dado Moroni, Francesco Cafiso, Roberta Gambarini, solo per nominarne alcuni.

    I nostri jazzisti non solo hanno acquisito delle capacità tecniche invidiabili, ma l’ingegno delle loro creazioni è ormai riconosciuto da tutti, anche dal pubblico meno esperto. Cosa differenzia il jazz italiano da quello fatto in America? Prima di tutto il modo di accostarsi alla tradizione di questa musica: un tempo i nostri jazzisti copiavano i modelli americani anche se talvolta riuscivano ad essere originali.

    C’era come un timore reverenziale nel trattare quella musica e c’era la paura di non riuscire ad eguagliare i grandi maestri. Oggi c’è ancora questo rispetto dei modelli originali, ma allo stesso tempo è cambiato il modo di usarli. E’ sparita quella apprensione e si è capito che la propria cultura d’origine può arricchire il linguaggio jazzistico. Basta copiare, dunque! Facciamo il jazz come lo sentiamo dentro, trasformiamolo secondo la nostra tecnica e i nostri sentimenti: questa è stata la risposta implicita di tanti musicisti europei e italiani in particolare. La sensibilità per la melodia, dunque, assieme alla capacità di infondere suoni e strutture che provengono da altre forme musicali (il folklore, l’opera, la canzone ad esempio) hanno dato una caratteristica particolare al jazz prodotto in Italia. Senza, ovviamente, dimenticare lo swing e la capacità di improvvisare su un tema: le basi, i cardini direi, su cui si forma il linguaggio jazzistico.

    Non dimentichiamo, tra l’altro, che il jazz è sì nato a New Orleans, ma anche e soprattutto per via dell’influsso musicale che proveniva dall’Europa (dalla Francia e dall’Irlanda prima di tutto) mescolato alle radici ritmiche e melodiche che appartenevano alla cultura di origine africana. E anche gli Italiani hanno detto la loro parola in questo processo: il primo trombettista a registrare un pezzo di jazz a New Orleans si chiamava Nick La Rocca (questo nome richiama qualche cosa alla mente?). Posso dire personalemente, senza essere troppo celebrativo, di avere contribuito in modo decisivo assieme al Festival Umbria Jazz alla diffusione del jazz italiano a New York e quindi al resto degli Stati Uniti.

    In questi ultimi dieci anni numerose sono state le produzioni che ci hanno visti protagonisti. In particolare nei jazz club più noti in città: il Birdland e il Blue Note. Si è notato che il pubblico veniva numeroso e ascoltava con gran piacere i nostri jazzisti, che oggi sono conosciuti e apprezzati. I critici americani ormai dicono che il jazz italiano è il migliore fra quelli prodotti al di fuori degli Stati Uniti. E’ quello più affascinante, creativo, originale. E poi gli Italiani sono bravi a farsi amare e rispettare in America, no? C’è di che esserne orgogliosi: siamo stati così bravi tutti quanti, dai musicisti ai produttori ai giornalisti, a rimarcare che la musica importante in Italia non è solo l’Opera e quella leggera non è solo canzoni e mandolini: c’è il jazz, che è un linguaggio che appartiene a tutti e gli italiani si sono mostrati bravissimi a saperlo modellare con lo stile e la classe che contraddistinguono i prodotti culturali del nostro paese.

    ----

    “TOP ITALIAN JAZZ AT BIRDLAND”.

    Ecco qui di seguito la scaletta degli eventi di New York:

    2 GIUGNO: Festa della Repubblica in Consolato: presentazione della settimana del jazz. Concerto del duo Joe Locke (vibrafono)-Edmar Castaneda (arpa) alle 7pm. Saranno presenti anche Carlo Pagnotta (direttore artistico di Umbria Jazz), Renzo Arbore (presidente di Umbria Jazz) e un rappresentante della Regione Umbria.

    3 GIUGNO: Istituto Italiano di Cultura: presentazione del film di Renzo Arbore “Da Palermo a New Orleans: E fu subito Jazz” sulle storie degli emigrati italiani che hanno fatto parte della storia del jazz in America. Alla proiezione, presentata dallo stesso

           Arbore, dovrebbe intervenire anche Martin Scorsese.

    4-9 GIUGNO:  Top Italian Jazz at Birdland. Le serate al jazz club Birdland (315 W 44th st. between 8th and 9th Ave.) sono costituite di due set, alle ore 8.30pm e 11pm. Sono così strutturate: 4-5 Giugno, duo Paolo Fresu (tromba)-Uri Caine (pianoforte); 6-7 Giugno Stefano Bollani Trio; 8-9 Giugno Enrico Rava Quintet Tribe. Al Birdland ci sarà uno speciale menu italiano, preparato e cucinato dallo chef umbro Claudio Brugalossi, oltre a una notevole scelta di vini.

  • Arte e Cultura

    Il lato italiano del Jazz

    Per capire la forza e la velocità con cui il jazz italiano si è diffuso in America in questi ultimi anni basta cominciare con un paragone: fino a circa 10 o 15 anni fa nei maggiori negozi dischi a New York (e a quel tempo ce n’erano tanti) alla sezione jazz c’era un piccolo scaffale con sopra scritto “European Jazz”.

    Ciò vuol dire che lì solo si vendevano i dischi di tutto il jazz che arrivava dall’Europa. Oggi la situazione è drasticamente cambiata: il jazz proveniente da altri paesi si è così diffuso in America che molti artisti, almeno quelli più importanti, vengono considerati allo stesso modo di quelli che fanno parte integrante del jazz americano.

    Negli Stati Uniti dunque, si è cominciato a pensare che il jazz non è un’esclusività della cultura americana, ma è un linguaggio musicale che appartiene a tutti e quindi tutti possono usarlo e modificarlo seguendo le proprie caratteristiche culturali. Come mai è successo tutto ciò? La risposta da un lato è semplice, da un altro è più complessa.

    Prima di tutto bisogna dire che il livello di bravura e di creatività dei musicisti europei è cresciuto enormemente in questi anni; poi c’è stato l’impatto sempre più crescente dei mezzi di comunicazione che ha facilitato la velocità di diffusione delle notizie e del jazz che proviene da oltre Atlantico. E il jazz italiano come si colloca in questo processo di espansione? Nel migliore dei modi, direi.

    Il jazz in Italia ha avuto una fortissima crescita in questi ultimi venti anni: è vero che c’erano dei buoni musicisti anche prima, ma nessuno poteva mai sognarsi di avere la notorietà internazionale che oggi hanno Enrico Rava, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Enrico Pieranunzi, Danilo Rea, Dado Moroni, Francesco Cafiso, Roberta Gambarini, solo per nominarne alcuni. I nostri jazzisti non solo hanno acquisito delle capacità tecniche invidiabili, ma l’ingegno delle loro creazioni è ormai riconosciuto da tutti, anche dal pubblico meno esperto.

    Cosa differenzia il jazz italiano da quello fatto in America? Prima di tutto il modo di accostarsi alla tradizione di questa musica: un tempo i nostri jazzisti copiavano i modelli americani anche se talvolta riuscivano ad essere originali. C’era come un timore reverenziale nel trattare quella musica e c’era la paura di non riuscire ad eguagliare i grandi maestri.

    Oggi c’è ancora questo rispetto dei modelli originali, ma allo stesso tempo è cambiato il modo di usarli. E’ sparita quella apprensione e si è capito che la propria cultura d’origine può arricchire il linguaggio jazzistico. Basta copiare, dunque!

    Facciamo il jazz come lo sentiamo dentro, trasformiamolo secondo la nostra tecnica e i nostri sentimenti: questa è stata la risposta implicita di tanti musicisti europei e italiani in particolare. La sensibilità per la melodia, dunque, assieme alla capacità di infondere suoni e strutture che provengono da altre forme musicali (il folklore, l’opera, la canzone ad esempio) hanno dato una caratteristica particolare al jazz prodotto in Italia. Senza, ovviamente, dimenticare lo swing e la capacità di improvvisare su un tema: le basi, i cardini direi, su cui si forma il linguaggio jazzistico. Non dimentichiamo, tra l’altro, che il jazz è sì nato a New Orleans, ma anche e soprattutto per via dell’influsso musicale che proveniva dall’Europa (dalla Francia e dall’Irlanda prima di tutto) mescolato alle radici ritmiche e melodiche che appartenevano alla cultura di origine africana. E anche gli Italiani hanno detto la loro parola in questo processo: il primo trombettista a registrare un pezzo di jazz a New Orleans si chiamava Nick La Rocca (questo nome richiama qualche cosa alla mente?).

    Posso dire personalemente, senza essere troppo celebrativo, di avere contribuito in modo decisivo assieme al Festival Umbria Jazz alla diffusione del jazz italiano a New York e quindi al resto degli Stati Uniti. In questi ultimi dieci anni numerose sono state le produzioni che ci hanno visti protagonisti. In particolare nei jazz club più noti in città: il Birdland e il Blue Note. Si è notato che il pubblico veniva numeroso e ascoltava con gran piacere i nostri jazzisti, che oggi sono conosciuti e apprezzati.

    I critici americani ormai dicono che il jazz italiano è il migliore fra quelli prodotti al di fuori degli Stati Uniti. E’ quello più affascinante, creativo, originale. E poi gli Italiani sono bravi a farsi amare e rispettare in America, no? C’è di che esserne orgogliosi: siamo stati così bravi tutti quanti, dai musicisti ai produttori ai giornalisti, a rimarcare che la musica importante in Italia non è solo l’Opera e quella leggera non è solo canzoni e mandolini: c’è il jazz, che è un linguaggio che appartiene a tutti e gli italiani si sono mostrati bravissimi a saperlo modellare con lo stile e la classe che contraddistinguono i prodotti culturali del nostro paese. 

    ----

    “TOP ITALIAN JAZZ AT BIRDLAND”.
    Sei notti con i grandi del Jazz Italiano.  “Jazz Corner of The World” per celebrare l'anno della cultura italiana negli USA.

    Questo il programma.
    June 4-5: Paolo Fresu-Uri Caine duo – master Italian trumpet player meets the celebrated American pianist in an exciting duo
    June 6-7: Stefano Bollani Trio – the Italian piano genius with Jesper Bodilsen (bass) and Morten Lund (drums)
    June 8-9: Enrico Rava Quintet Tribe – the world-famous Italian trumpet player with his Quintet, featuring Gianluca Petrella (trombone), Giovanni Guidi (piano), Gabriele Evangelista (bass) and  Fabrizio Sferra (drums)

    Birdland is located at 315 W 44th st. (between 8th and 9th ave.). Sets are at 8.30pm and 11pm, unless otherwise indicated. For reservations and other details please go to: www.birdlandjazz.com
    Each night a special menu and wines from Umbria served!

  • Events: Reports

    Introducing the Italian Side of Jazz Music

    To understand the strength and the
 speed with which Italian jazz has spread throughout the United States in recent years, beginning with a comparison will suffice. Up until 10 or 15 years ago, in 
the major record stores in New York (and at that time, there were many), there
 was a small shelf in the jazz section
 with “European Jazz” written above 
it.This meant that all the jazz records arriving from Europe were sold on that shelf. Today, the situation is drastically different.

    Jazz from other countries is so widespread in the United States that many artists, at least the most notable, are held in the same regard as those who form an integral part of American jazz. As a result, in the United States, jazz is beginning to be thought of as not solely exclusive to American culture, but that it is a musical language that belongs to everyone.
Thus, everyone is able to use it and
modify it according to their own cultural characteristics. How did all this happen?

    The response, on the one hand, is simple, and on the other, more complex. First of all, it must be said that the level of skill and creativity of European musicians has grown immensely in recent years. Secondly, there was the continually growing impact of the media that facilitated the dispersal rate of news
and of jazz that came from across the Atlantic. So where does Italian jazz stand in this process of expansion? It ranks fairly high, I would say. Jazz in Italy grew tremendously in the past twenty years.

    It is true that there were good musicians even before that time, but no one could ever dream of having international fame like that of today’s Enrico Rava, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Enrico Pieranunzi, Danilo Rea, Dado Moroni, Francesco Cafiso, or Roberta Gambarini, just to name a few. Our jazz musicians have not only gained an enviable technical capacity, but the ingenuity of their creations is now recognized by all, even by an audience less familiar with the genre’s technicalities.

    What differentiates Italian jazz from American jazz? First and foremost, the approach to this music’s tradition. At
 one time, our jazz musicians copied the American jazz model, even if sometimes they managed to be original. There was
 a great deal of reverence in dealing with that music genre, and there was the fear of being unable to match the great masters.

    Today, there is still this respect for the original model, but at the same time, the way in which those models are used has changed. Apprehension disappeared,
and it became clear that their own 
culture could enrich the language of jazz Enough copying, then! Let us make jazz according to how we feel, transforming 
it according to our technique and our feelings.

    This was the implicit response of many musicians, European and Italian in particular. The sensitivity for the melody along with the ability to infuse sounds and structures that came from other musical forms, such as folk, opera, and Neapolitan song, gave a specific characteristic to jazz produced in Italy, without, of course, forgetting swing music and the ability
to improvise on a theme – the basics, or the hinges I should say, upon which the language of jazz is modeled. Let us not forget, among other things, that while jazz was indeed born in New Orleans, it was brought forth due to the musical influence that came from Europe (primarily from France and Ireland) combined with the rhythmic and melodic roots from African culture. The Italians also had their say in this process. The first trumpeter to record a jazz piece in New Orleans was named Nick La Rocca (does the last name bring anything to mind?).

    I can say personally, without being too celebratory, that I have contributed, in conjunction with the Umbria Jazz Festival, to the diffusion of Italian jazz throughout New York, and therefore throughout the rest of the United States. In the last ten years, we’ve taken part in numerous productions, particularly in the most notable jazz clubs in the city: the Birdland and the Blue Note. The audience was large in number and listened with great pleasure to our jazz musicians, who are today well- known and well-appreciated. American critics now claim that Italian jazz is the best among those produced outside of the United States, being the most fascinating, creative and original. Aren’t the Italians good at making themselves loved and respected in America? Not to mention proud of it.

    We were all capable, from musicians to producers to journalists,to point out that the important music in Italy is not solely limited to opera and pop music. It is more than just O Sole Mio
 and mandolins. There is jazz, which is a language that belongs to everyone, and the Italians have shown themselves to be more than capable at knowing how to mould it, by using their own style and class that is characteristic to the cultural products of our country.

    ----

    “TOP ITALIAN JAZZ AT BIRDLAND”.
    Six nights of great Italian music in the wonderful “Jazz Corner of The World”, celebrating the Year of Italian Culture in USA.

    Here’s the program:
    June 4-5: Paolo Fresu-Uri Caine duo – master Italian trumpet player meets the celebrated American pianist in an exciting duo
    June 6-7: Stefano Bollani Trio – the Italian piano genius with Jesper Bodilsen (bass) and Morten Lund (drums)
    June 8-9: Enrico Rava Quintet Tribe – the world-famous Italian trumpet player with his Quintet, featuring Gianluca Petrella (trombone), Giovanni Guidi (piano), Gabriele Evangelista (bass) and  Fabrizio Sferra (drums)

    Birdland is located at 315 W 44th st. (between 8th and 9th ave.). Sets are at 8.30pm and 11pm, unless otherwise indicated. For reservations and other details please go to: www.birdlandjazz.com
    Each night a special menu and wines from Umbria served!

    ---
    ENRICO RAVA

    Enrico Rava is undoubtedly the most well-known Italian jazz musician on a global level. Since his rapid rise to fame on the international scene in the mid sixties, he has been constantly involved in numerous original projects, and is considered one of the most important trumpet soloists on the European scene.  His individuality on a musical and personal level make him hard to define, a musician who moves outside of traditional limits of genre and style, who refuses to adhere to convention.  His style is immediately recognizable, his lyrical sound constantly sustained by an astonishing freshness of ideas which are revealed in all of his musical endeavours.
Rava's vast discography includes some real gems of artistic (and perhaps historical) significance, including Quartet (ECM 1978) “Rava l’opera Va” (Label Bleu 1993), “Easy Living” (ECM 2004), "Tati" (ECM 2005) and “The Words and the Days” (ECM 2007) and the latest “ New York Days” (ECM 2009).
In addition to his work as leader, Rava has been an important collaborator of many of the most important Italian, European and American musicians, including Franco D'Andrea, Stefano Bollani,  Massimo Urbani, Philip Catherine, Lee Konitz, Aldo Romano,  Joe Henderson, John Abercrombie, Palle Danielsson, Jon Christensen, Nana Vasconcelos, Miroslav Vitous, Daniel Humair, Michel Petrucciani, Charlie Mariano, Joe Lovano (with whom he co-led a quartet in the early 90's) Albert Mangelsdorff, Dino Saluzzi, Richard Gallliano, Martial Solal, Archie Shepp, John Taylor, Paul Motian, Mark Turner etc...
He has toured in the USA, Japan, Canada, Europe, Brazil, Argentina and Uruguay, with appearances at important festivals (Montreal, Toronto, Houston, Los Angeles, Perugia, Antibes, Berlin, Paris, Tokyo, Rio de Janeiro and Sao Paulo, etc.) He has repeatedly been named “Best Musician” in the yearly referendum conducted by “Musica Jazz” (Italy's premier jazz periodical), as well as winning “Best Group” and “Best Record”.
Named “Knight of Arts and Letters” by the French Ministry of Culture, in 2002 Rava was also recipient of the prestigious “Jazzpar Prize” in Copenhagen.
In the last three years, Rava appeared as 4th place in the Trumpet category in the referendums conducted by the American magazine “Down Beat,” following Dave Douglas, Wynton Marsalis and Roy Hargrove.

    ENRICO RAVA TRIBE featuring GIANLUCA PETRELLA

    The group includes several generations of musicians, each of whom bring strong personality and solo voices to the table.  Since the beginning of his career as a leader, Rava has used a technique favored by many of the greatest jazz artists: periodically inserting young musicians, new talents in his groups, which tend to bring new ideas to the group and give it a fresher sound, respectful of tradition, but open to new possibilities and transformations.  Some historic examples of this idea include the groups of Miles and Art Blakey's Jazz Messengers, which, despite respective differences in style, contributed in the “discovery” of many young musicians who later went on to forge important solo careers, in the meantime exerting strong influence as well on their bandleaders. Rava shares this predilection for scouting new talent, which can be easily seen considering the long list of young talents who have been brought to the forefront in part thanks to his intervention: guitarist Roberto Cecchetto, trombone player Gianluca Petrella, and the pianists Stefano Bollani and Giovanni Guidi, a current member of the TRIBE project.

    A shining example of Italy's latest generation of jazz talent, GIOVANNI GUIDI was named “Best New Talent” by Musica Jazz in their 2007 poll “Top Jazz.”  He has released several critically acclaimed albums and has performed in many important festivals, both within Italy and internationally.

    GIANLUCA PETRELLA is considered one of the world's finest jazz trombonists.  He has appeared with musicians such as Steve Bernstein, Bobby Previte, Greg Osby, Carla Bley as well as Italians Roberto Gatto, Antonello Salis, Gianluigi Trovesi, Francesco Bearzatti, Paolino Dalla Porta, Paolo Fresu, Danilo Rea, Enzo Pietropaoli...and the list goes on.  A fixture on the international scene, he has appeared in many of the most important international festivals, including Montreal, Toronto, San Francisco, Chicago, Rio de Janiero, Oslo, London, Berlin, Umbria Jazz and the Blue Note Jazz Clubs of Tokyo and New York

    GABRIELE EVANGELISTA is a very young bass player who Rava met at the jazz workshops in Siena.  He's growing by leaps and bounds and is very much in demand with Italian and international musicians such as Roberto Gatto, Kurt Rosenwinkel, Alessandro Lanzoni and Danilo Rea for his extroardinary gifts (interplay, boundless creativity and great precision).

    Now nearing his fifties, FABRIZIO SFERRA is the founder of the well-known and widely acclaimed trio “Doctor 3.”  His experience in widely varying contexts has helped him develop an extremely refined dynamic and rhythmic control, and thanks to his artistic sensibility and versatility, he has come to be considered a true original of European drumming, able to fit into various group contexts, contributing greatly to the sound and interplay of the group.
    A group composed of such richly varied and original soloists requires a decisive esthetic direction to permit creative dialogue between the musicians; Rava's clear authority as leader stems from his ability to draw out the best from his sidemen, allowing them to reveal their abundant originality within the expressive world of his original compositions.  The result is a multi-faceted mosaic of musical expression in constant flux.

Pages